martedì, 26 Novembre 2024

Quando gli antibiotici diventano inefficaci

Ferdinando Cancelli (L'OSSERVATORE ROMANO)

Un recentissimo lavoro pubblicato dalla rivista «Lancet Infectious Diseases» analizza a fondo il problema della resistenza agli antibiotici in Europa e lo fa prendendo in esame i dati forniti dall’European Antimicrobial Resistance Surveillance Network (Ears-Net) per l’anno 2015. L’originalità dello studio, che ha coinvolto anche ricercatori italiani, sta nel riportare i dati, come numero totale di casi di infezioni dovute a batteri antibiotico resistenti, a numero di morti che si possono attribuire a tali patogeni e, dato molto interessante, al numero di anni perso dalla popolazione per morte o disabilità grave causate da tali infezioni (disability-adjusted life-years o dalys).

Letti nella settimana che l’Organizzazione mondiale della sanità dedica alla consapevolezza rispetto al preoccupante fenomeno della resistenza microbica ai farmaci finora utilizzati, i dati aiutano a comprendere perché qualcuno ha definito il secolo scorso quello degli antibiotici e il presente quello della crescente inefficacia degli stessi.

Quasi 700.000 casi di infezioni da batteri resistenti e quindi molto difficili da curare, 33.110 decessi per la stessa causa e 874.541 anni persi globalmente per morte o disabilità grave in Europa. E tutto questo solo per il 2015. Per chi risiede in Italia il dato è ancora più allarmante: il paese è di gran lunga il primo per casi di resistenza agli antibiotici, anche davanti alla Grecia e con una situazione molto più grave di quella della Romania, del Portogallo o di Cipro solo per citare i paesi che seguono nella graduatoria.

Sono coinvolti tutti i principali antibiotici utilizzati: cefalosporine di terza generazione, carbapenemi, vancomicina, penicilline. Le infezioni più difficili da trattare possono colpire qualsiasi organo, in particolare le vie respiratorie compresi i polmoni, le vie urinarie ma anche l’apparato gastroenterico, il sistema nervoso centrale o la cute. L’articolo sottolinea il peso enorme che i sistemi sanitari devono, e sempre più dovranno, sopportare in termini economici a causa di tutto questo.

Alcune riflessioni sono d’obbligo. L’argomento è spesso poco trattato dai mass media mentre sarebbe necessario rendere la popolazione cosciente che un uso indiscriminato, errato e ingiustificato degli antibiotici è la causa prima dell’insorgere di tali resistenze. Molti medici si ostinano a prescrivere un antibiotico, quasi sempre a largo spettro, anche in presenza di infezioni virali che non risponderanno mai alla molecola somministrata e spesso i dosaggi utilizzati, per timore o impreparazione professionale, sono inferiori a quelli corretti.

Il malcostume di non procedere alle vaccinazioni necessarie per alcune malattie virali (morbillo e influenza, solo per citarne due) favorisce l’insorgenza di complicazioni batteriche potenzialmente resistenti soprattutto nelle categorie più fragili ed esposte, quella dei neonati e degli anziani. Infine, e questo riguarda nello specifico l’Italia, andrebbero colmati i colpevoli ritardi sia culturali che pratici che riguardano antibiotici e vaccini. A epidemia influenzale già iniziata molte regioni italiane sono state in netto ritardo nella consegna dei vaccini e molti medici di medicina generale possono iniziare solo in questi giorni, in ritardo, un’importante campagna vaccinale.

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