Otto russi su dieci vogliono Vladimir Putin, ancora e ancora. La riforma costituzionale che consente al presidente di ‘azzerare’ i suoi precedenti mandati e di ricandidarsi, nel 2024 per altri due mandati di sei anni, è passata con il 77,9% dei voti favorevoli. La votazione, in programma per il 22 aprile e rinviata a causa della pandemia, è durata una settimana e ha registrato un’affluenza del 64% degli elettori. Gli oppositori del presidente lo accusano di aver voluto legittimare con un voto fasullo la sua intenzione di governare “a vita” e l’esito della consultazione era talmente scontato che copie della nuova Costituzione erano presenti nelle librerie già da settimane. Alexei Navalny, principale oppositore del Cremlino, ha definito quella che si è appena conclusa “una grossa bugia” messa in piedi da Putin “per rendere i russi complici del suo piano”. Vladimir Putin, 67 anni e al potere da 20, non ha ufficialmente espresso la volontà di ricandidarsi nel 2024 e sostiene che la modifica costituzionale è essenziale per la stabilità del paese. La cancellazione del vincolo dei due mandati, approvata dalla riforma, gli consentirà di rimanere al potere fino a 84 anni e allontana lo spettro di una lotta per la sua successione.
Cosa prevede la riforma?
Il referendum costituzionale era una pura formalità. Avendo già ottenuto l’approvazione del parlamento e il placet della Corte Costituzionale che ha dichiarato le riforme “compatibili con la legge”, la consultazione popolare era infatti superflua. Molti osservatori concordano sul fatto che Putin abbia voluto garantire, tramite il voto, la legittimità della sua permanenza al potere. Gli emendamenti sono decine, ma non esisteva la possibilità di approvarne solo una parte: o tutto o niente. Nel bollettino elettorale la domanda era una sola, sei d’accordo? Si o no. Oltre a quelli relativi al mandato del presidente, nella riforma compaiono emendamenti riconducibili a tre macrocategorie che definiscono l’idea della Russia secondo Putin: la sfera del welfare (stabilisce l’indicizzazione delle pensioni e vieta che gli stipendi siano inferiori al minimo di sussistenza, per ora fissato a 135 euro al mese), quella dei valori (il matrimonio è definito esplicitamente come unione tra uomo e donna), e la sacralità della sovranità nazionale (l’integrità territoriale diventa non negoziabile: un modo per ribadire che Mosca non intende restituire all’Ucraina la Crimea, annessa di fatto nel 2014). Si rafforza anche il Consiglio di Stato, che finora ha solo avuto funzione consultiva e ora diventa invece un organo di rilevanza costituzionale col potere di indicare “la direzione della politica interna e di quella estera e le priorità socio-economiche” del paese.
C’è chi dice no
La polizia di San Pietrburgo ha aperto un’inchiesta sugli autori di una curiosa protesta contro il referendum. Qualcuno ha utilizzato giochi per bambini per veicolare il messaggio e le fotografie di ‘Barbie’, ‘troll’ e ‘my little pony’ con cartelli di protesta hanno fatto il giro del web. In un video circolato online, l’oppositore Navalny ha parlato apertamente di brogli invitando la gente a scende in piazza in autunno se ai candidati dei partiti d’opposizione non sarà data la possibilità di partecipale alle elezioni regionali o se i risultati del voto venissero falsificati. “Ciò che Putin teme di più è la strada”, sostiene l’attivista e presidente della Coalizione Democratica, avvisando che “non se ne andrà fino a quando non inizieremo a scendere in piazza in centinaia di migliaia e milioni di persone”. Come documentato sui social, per garantire il distanziamento sociale, i seggi sono stati sparpagliati un po’ ovunque, dai campi di calcio, alle aree gioco per bambini e nei parcheggi. E a molti elettori sono stati promessi incentivi in denaro o biglietti della lotteria in cambio del voto. Ma Nonostante le denunce di brogli e pressioni, la commissione elettorale ha precisato che le irregolarità nel voto non sono state tali da inficiarne il risultato.
Segnali di crepe?
Anche se ha ottenuto l’approvazione popolare, il sostegno di cui il presidente gode comincia a mostrare segni di crepe e sondaggi indipendenti dimostrano che il suo grado di approvazione è sceso al 60%, un margine alto, certo, ma pur sempre il dato più basso dal 2013. I motivi sono diversi ma poggiano su solide basi: tra le sanzioni internazionali e la contrazione del prezzo del petrolio, l’economia russa sembra destinata a un altro anno di affanni: l’FMI prevede che il prodotto interno lordo scenderà del 6,6 per cento nel 2020. Inoltre la pandemia da coronavirus ha messo in luce l’inadeguatezza del sistema sanitario russo e in molti sostengono che il vero numero di decessi sia stato nascosto. Per consentire lo svolgimento del referendum, il governo ha revocato quasi tutte le restrizioni lo scorso 24 giugno, sebbene i casi confermati abbiano toccato quota 650.000, rendendo la Russia il terzo paese più colpito al mondo, dopo Stati Uniti e Brasile. Ma per dimostrare che l’emergenza è ormai sotto controllo, Putin si è presentato mercoledì al suo seggio di Mosca senza indossare la mascherina, a differenza dei membri del personale elettorale.
Quello che è certo è che la riforma costituzionale eviterà a Putin di sentirsi come Donald Trump in questo momento: ‘un’anatra zoppa’. Si avvia verso la fine del suo mandato ma con la prospettiva di averne davanti a sé un altro e poi un altro ancora. Chiunque, nella ristretta cerchia di potere moscovita o a livello internazionale, avesse pensato che qualcosa potesse cambiare, dovrà rifare i suoi calcoli. Quella che sta giocando è per Putin una mano vincente e difficilmente deciderà di abbandonare la partita.
Il commento
Di Eleonora Tafuro Ambrosetti, Analista Osservatorio Russia, Caucaso e Asia Centrale dell’ISPI
Sia che Putin rimanga effettivamente al potere fino al 2036, sia che voglia ‘solo’ tenersi aperte tutte le porte, difficilmente si può affermare che questo referendum costituisca una vittoria per la democrazia russa. Ma nel contesto della crisi economica legata alla pandemia, ai russi – come in molti altri paesi del mondo – quello che preoccupa di più sembra essere l’economia.
Questo, d’altronde, è un trend consolidato in Russia: i sondaggi rilevano che i cittadini sono pronti a scendere in piazza più per i loro diritti economici che per quelli politici e anche l’opposizione “non sistemica” di Navalny prende di mira le pratiche di corruzione del partito al potere, piuttosto che altri aspetti legati alla mancanza di democrazia. è per questo che sarà l’evoluzione della situazione economica a garantire a Putin la legittimità popolare, piuttosto che i risultati (scontati) del voto”.
***
A cura della redazione di ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca, ISPI Advisor for Online Publications)
[ ISPI Istituto per gli Studi di Politica Internazionale ]