domenica, 24 Novembre 2024

RUSSIA AL VOTO. PUTIN CONTRO PUTIN?

ELEONORA TAFURO AMBROSETTI (ISPI)

Domenica prossima i cittadini russi si recheranno alle urne per le elezioni presidenziali, mentre crescono le tensioni tra Londra e Mosca dopo il caso dell’ex spia del KGB Sergej Skripal avvelenata nel Regno Unito: due giorni fa Theresa May ha espulso 23 diplomatici russi, il numero più alto dal 1971, in piena Guerra fredda, e il Cremlino ha bollato la misura del governo britannico come “assolutamente inaccettabile e indegna”. Ma le elezioni presidenziali russe del 18 marzo non si svolgeranno in un clima di suspense. Con un tasso di popolarità costantemente intorno all’80%, un sistema mediatico fortemente dominato dal Cremlino e la scarsa attrattività degli altri candidati, è altamente probabile che il Presidente uscente, Vladimir V. Putin, sarà anche quello entrante.

Nonostante il risultato appaia scontato, tuttavia, queste elezioni avranno un ruolo importante nella definizione della politica interna ed estera della Russia. Infatti, a dispetto della popolarità personale di Putin, la Russia è attraversata da una crescente sfiducia nelle istituzionie nel processo democratico, che, insieme alle preoccupazioni per le condizioni economiche, potrebbe manifestarsi in una forte astensione o nell’esplosione di proteste di massa post-voto come quelle del 2012 a Piazza Bolotnaja: in questo caso, la posizione del Cremlino, già alle prese con numerose sfide interne ed internazionali, ne uscirebbe indebolita. Chi sono i principali sfidanti e quali sono i temi caldi della campagna elettorale? Come si rifletteranno queste elezioni sulla politica estera della Russia? Ma, soprattutto, esiste un’alternativa credibile a Putin?

CHI SFIDA IL PRESIDENTE?
Oltre a Putin, domenica si sfideranno sette contendenti. Il principale partito d’opposizione, il Partito comunista della Federazione Russa (Kprf), candida l’agronomo Pavel Grudinin, il quale sostituisce l’eterno sfidante comunista, Gennadij Zjuganov. Tra gli altri candidati ci sono i “soliti noti” che sfidano Putin ormai da anni: Vladimir Zhirinovskij, a dispetto del nome del suo partito liberal-democratico, è un candidato populista e nazionalista che promette di “rendere di nuovo grande la Russia”, pur essendosi presentato per ben cinque volte senza successo (nel 1991, 1996, 2000, 2008 e 2012); Grigorij Yavlinskij (Jabloko), un esperto economico liberale critico di Putin, già presentatosi alle elezioni del 2000 ottenendo circa il 6% dei voti, soprattutto da elettori liberali di età medio-alta residenti nelle grandi città russe; infine Sergej Baburin (Fronte popolare di tutta la Russia) è un candidato nazionalista che ha svolto un ruolo di primo piano nella politica russa negli anni ’90, opponendosi alla disgregazione dell’Unione Sovietica del 1991 e diventando uno dei leader di una ribellione parlamentare contro l’allora presidente Boris Eltsin nel 1993.

Tra i volti nuovi di queste elezioni figurano invece Boris Titov (Partito della crescita), che sostiene la creazione di un ambiente più favorevole agli investimenti e Ksenija Sobchak, (Iniziativa civile) una mondana conduttrice televisiva di 36 anni, figlia del mentore di Putin Anatolij Sobchak, il defunto sindaco riformista di San Pietroburgo. La candidata si presenta come un’alternativa all’establishment politico, con il suo slogan “None of the Above” (tradotto sommariamente, “nessuno dei precedenti”, e allo stesso tempo “nessuno di coloro che sono in alto”). Sebbene Sobchak sia polemica nei confronti del Cremlino, ha però evitato cautamente di profondersi in critiche dirette esplicitamente a Putin. Alcuni osservatori elettorali ritengono che il coinvolgimento di Sobchak potrebbe contribuire a combattere l’apatia degli elettori e ad aumentare l’affluenza alle urne, rendendo quasi paradossalmente la vittoria di Putin ancora più credibile.

Un’altra novità è la candidatura di Maxim Surajkin con i Comunisti di Russia (KR), un partito marxista-leninista creato nel 2012, noto per le sue posizioni estreme come il sostegno al ripristino della pena di morte. Il Partito Comunista della Federazione Russa ha descritto i Comunisti di Russia come un “partito spoiler”, un “partito di disturbo”, cioè un partito che sceglie un nome simile a uno di quelli già esistenti al fine di sottrarne i voti. Tali partiti “spoiler” formano una parte di quella che in Russia viene definita come l’“opposizione anti-sistemica”, che include anche i partiti e gruppi non rappresentati a livello nazionale e i movimenti che minacciano la stabilità del paese come il militantismo musulmano radicale e il nazionalismo di sinistra.

Brilla invece per la propria assenza Aleksej Navalnyj, l’avvocato e attivista anti-corruzione escluso dalla competizione elettorale perché accusato proprio di corruzione. In realtà, sono in molti a dubitare della fondatezza di tali accuse, individuandone l’origine altrove: con le indagini lanciate attraverso i suoi seguitissimi canali sui social media e le molte manifestazioni di piazza da lui organizzate, Navalnyj ha fatto tremare il potere più di una volta. Anche se le sue possibilità di essere eletto erano molto basse, l’attivista costituiva l’unica vera minaccia per Putin e il suo entourage. In una delle sue inchieste più famose, Navalnyj ha accusato il primo ministro Dmitrij Medvedev di avere acquisito tramite tangenti molte proprietà, tra cui una che includeva una lussuosa “casa per le oche”.

Il fatto ha ispirato la famosa “protesta delle papere” di Artyom Goncharenko, un attivista di San Pietroburgo finito in carcere per aver mostrato una papera gonfiabile dalla finestra di un appartamento durante una protesta. Il suo gesto è stato in seguito emulato da altri attivisti e ha persino ispirato diversi account sui social media che propongono ironicamente la papera come candidato elettorale. Oltre a favorire mobilitazioni di piazza, la strategia politica di Navalnyj consiste oggi soprattutto nell’incitare i cittadini russi a un boicottaggio di massa alle elezioni, proprio per gettare discredito sulla vittoria già assodata di Putin.

COSA POTREBBE SCALFIRE LA POPOLARITÀ DI PUTIN?
Nessuno dei candidati alle elezioni ha delle chance reali di battere Putin. Il Centro russo di ricerca sull’opinione pubblica (VTsIOM) – il più antico istituto sondaggistico nella Russia post-sovietica, attualmente finanziato dal Cremlino – ha pubblicato una ricerca all’inizio di febbraio secondo cui il 71,4% dei russi ha manifestato l’intenzione di votare per Putin. A una distanza siderale dal Presidente, Grudinin è arrivato secondo con il 6,9% delle preferenze, mentre Zhirinovskij terzo con il 5,7%. Il supporto per il resto dei candidati era circa dell’1% per ciascuno di essi, o in alcuni casi anche meno.

Nel considerare queste percentuali, è tuttavia necessario sottolineare che, nel clima di crescente censura politica che attraversa la Russia, l’affidabilità delle fonti deve essere considerata con le dovute cautele. Ad esempio, il Levada Center – la più grande organizzazione indipendente dei sondaggi russi – si è astenuto dal pubblicare nuovi sondaggi durante il periodo elettorale (tra dicembre 2017 e marzo 2018), alla luce della decisione nel 2016 del Ministero della Giustizia russo di etichettare il centro come “agente straniero”, ovvero un’organizzazione che riceve finanziamenti dall’estero. Dal 2014, infatti, a tutti gli “agenti stranieri” in Russia è stato vietato di lavorare con singoli candidati e di “partecipare a campagne elettorali”.

Tuttavia, la grande popolarità di Putin – riportata tra gli altri proprio dal Levada Center – e la mancanza di candidati credibili, soprattutto in vista dell’esclusione di Navalnyj dalla corsa elettorale, rendono i dati VTsIOM sulle intenzioni di voto abbastanza plausibili. Il vero problema, però, potrebbe essere un altro. Secondo alcune indicazioni, infatti, l’affluenza potrebbe essere più bassa che mai. Uno degli ultimi sondaggi pubblicati dal Levada Center prima che interrompesse le proprie attività lo scorso dicembre ha collocato l’affluenza tra il 52 e il 54%, con picchi inferiori al 40% a Mosca e San Pietroburgo. I dati sull’astensionismo registrato nelle precedenti elezioni parlamentari del settembre 2016 sembrerebbero corroborare questa tendenza. Allora, l’affluenza fu meno del 48%, un record storico. Un risultato simile alle elezioni presidenziali farebbe apparire Putin un perdente, a prescindere dal risultato. Putin è deciso a scongiurare questo scenario presentandosi come candidato indipendente.

Questa strategia era già stata adottata in passato e risponde all’obiettivo di scollare l’immagine del Presidente da quella delle istituzioni politiche e, soprattutto, dei partiti. Sarebbero proprio questi ultimi – incluso il partito Russia Unita che fin dalla sua creazione ha sostenuto Putin – a essere particolarmente colpiti dalla sfiducia dei cittadini. L’immagine di Putin come un buon presidente ostacolato da burocrati avidi e corrotti è infatti molto diffusa in Russia ed è confermata dallo stesso Levada Center: l’istituto, infatti, attesta che nel 2017, solo il 19% dei russi aveva completa fiducia nei partiti politici e il 27% nelle autorità locali; in confronto, il 75% dei rispondenti ha dimostrato una piena fiducia nel Presidente.

DALLE INEGUAGLIANZE AL CASO SKRIPAL: COSA PREOCCUPA I RUSSI?
Con il 10% della popolazione che possiede l’87% di tutta la ricchezza del paese, la Russia è considerata la più ineguale tra le maggiori economie del mondo. Il calo del prezzo del petrolio e le sanzioni occidentali hanno esacerbato le disparità, generando proteste e alimentando il malcontento dei cittadini. In questo scenario, l’attenzione dei candidati si è rivolta principalmente ai temi economici e sociali. Non è un caso che una delle principali promesse elettorali di Putin sia proprio quella di dimezzare la povertà nei prossimi sei anni. Sul fronte delle opposizioni, invece, laddove i due candidati comunisti chiedono una più equa redistribuzione della ricchezza, spingendo per un intervento statale più deciso nell’economia, Sobchak insiste sulla difesa dei diritti delle madri single, mentre Titov e Yavlinskj insistono sulla necessità di liberalizzare ulteriormente l’economia.

Tuttavia, anche il clima di crescente tensione tra la Russia e l’Occidente si ripercuote pesantemente sulla campagna elettorale. Durante il suo discorso annuale sullo stato della Nazione, posticipato strategicamente da dicembre a marzo in modo da fungere anche da “megafono” in vista delle elezioni, Putin ha annunciato che la Russia ora dispone di nuove armi così sofisticate da sfuggire ai sistemi di intercettazione statunitensi. Putin ha esplicitamente accusato gli Stati Uniti di essere i veri responsabili di questa nuova corsa agli armamenti, già a partire dal loro ritiro nel 2002 dall’Anti-Ballistic Missile Treaty.

I media di Mosca hanno inoltre accusato il Regno Unito di tentare di intromettersi nelle elezioni presidenziali attraverso le accuse mosse alla Russia nell’ambito del caso Sergej Skripal, l’ex “agente doppio” russo avvelenato a Londra il 4 marzo insieme a sua figlia. In questo clima, l’immagine di un “complotto occidentale” contro la Russia sembra dominare sempre più i media russi, tanto da apparire in molti casi come una vera e propria visione ufficiale avallata dal Cremlino, la cui presa sui mediadel paese è stata denunciata in più occasioni da organizzazioni come Freedom House o Reporter senza Frontiere.

In questo quadro, le crescenti tensioni di queste settimane potrebbero influenzare le elezioni di domenica, poiché sembrano essersi tradotte in un ritorno positivo per l’immagine del Presidente agli occhi della sua base elettorale: per molti, Putin ha infatti confermato la sua immagine di leader forte in grado di ripristinare lo status internazionale della Russia come grande e temibile potenza.

CODICE ETICO E LEGALE