La società industriale, prevalsa tra la metà del Settecento e la metà del Novecento, era figlia dell’Illuminismo e basata sui valori della razionalità, della specializzazione, dell’ordine gerarchico, dell’efficienza, dei bilanci preventivi e consuntivi, del rischio calcolato.
Dopo la seconda guerra mondiale si è via via affermata una società nuova, basata sulla produzione di beni immateriali come i servizi, le informazioni, i simboli, i valori, l’estetica. Agli albori della società industriale, nel 1750, gli abitanti del pianeta erano 790 milioni; al suo declino, nel 1950, erano 2 miliardi e mezzo; oggi sono 7 miliardi. Intanto l’India, la Cina e il Brasile sono diventati tre protagonisti sulla scena planetaria. Nella vita umana di ogni occidentale la quantità di tempo libero ha superato di gran lunga quella del lavoro. Nel paesaggio urbano la borsa ha il posto della fabbrica come simbolo di progresso e come fonte di ricchezza. La ricchezza è diventata infinitamente più veloce sia nel suo crearsi che nel suo dileguarsi.
Ma cosa accadrà nel nostro futuro? Parametriamoci al 2030, ritenendo ragionevolmente prevedibile uno scenario da qui a tredici anni e cerchiamo di capire cosa avverrà nei dieci settori cruciali della società.
Demografia. Nel 2030 la popolazione mondiale sarà di 8 miliardi: non solo bocche, per fortuna, ma anche cervelli capaci di risolvere problemi e creare innovazione. Per passare da 6 a 7 miliardi abbiamo impiegato 14 anni; per passare da 7 a 8 miliardi impiegheremo 17 anni. Dunque, la crescita demografica avrà cominciato a rallentare.
Potremo vivere fino a 750.000 ore, rispetto alle attuali 700.000. Vivranno più a lungo le persone più scolarizzate e con relazioni sociali più intense. Gli anziani con più di 65 anni saranno 910 milioni rispetto agli attuali 420 milioni. Bisogna tenere conto che la maggioranza delle persone diventa vecchia soltanto negli ultimi due anni della propria vita, durante i quali le spese farmaceutiche sono pari alla cifra impiegata per comprare medicine in tutti gli anni della vita precedente.
Tecnologia. Per la legge di Moore, la potenza di un microprocessore raddoppia ogni 18 mesi. Ciò significa che attualmente un chip è circa 70 miliardi di volte più potente di quello del 1970 e che nel 2030 sarà centinaia di miliardi di volte superiore a quello attuale.
Il 21° secolo sarà segnato dall’ingegneria genetica con cui vinceremo molte malattie, dall’intelligenza artificiale con cui sostituiremo molto lavoro intellettuale, dalle nanotecnologie con cui gli oggetti si relazioneranno tra loro e con noi, dalle stampanti 3D con cui costruiremo in casa molti oggetti. Grazie all’informatica affettiva, i robot saranno dotati di empatia.
Porteremo in un taschino tutta la musica, i film, i libri, l’arte e la cultura del mondo. Resta il problema di come trasferire questo immenso patrimonio dal taschino al cervello.
Grazie alla chirurgia potremo modificare profondamente il nostro corpo; grazie alla farmacologia potremo inibire i nostri sentimenti, acuirli, simularli, combinarli.
Economia. Nel 2030 il Pil pro-capite nel mondo sarà cresciuto del 159% rispetto a oggi. I potenziali consumatori saranno un miliardo in più. L’Occidente avrà ridotto del 15% il proprio potere d’acquisto.
Attualmente gli 85 più ricchi del mondo, secondo la graduatoria di “Forbes”, posseggono la stessa ricchezza di 3 miliardi e mezzo di poveri. Se la quota di Pil destinata a remunerare il capitale finanziario continuerà a crescere e quella destinata a remunerare il lavoro continuerà a decrescere, la ricchezza si accentrerà ulteriormente, con conseguenze disastrose sull’equilibrio economico, ecologico e sociale.
La Cina avrà un Pil superiore a quello degli Stati Uniti, avrà le maggiori banche del mondo e 15 megalopoli con più di 25 milioni di abitanti. L’area metropolitana di Pechino, che si chiamerà Jiing-Jin-ji, si estenderà fino a comprendere 100mila chilometri quadrati con 130 milioni di abitanti. Accanto ai Bric saranno emersi i Civets (Colombia, Indonesia, Vietnam, Egitto, Turchia, Sud Africa).
Lavoro. Progresso tecnologico e produttività del lavoro crescono a velocità esponenziale. L’effetto congiunto di legge di Moore, riconoscimento vocale, nanotecnologie e robotica, comporterà uno “jobless growth” con la perdita del 60% degli attuali posti di lavoro.
La Cina sarà la più grande fabbrica e l’India sarà il più grande ufficio del mondo
Nei Paesi avanzati il 20% degli occupati svolgerà mansioni operaie;
Il 30% svolgerà mansioni impiegatizie; il 50% svolgerà attività creative. Se il lavoro esecutivo non verrà ridistribuito, la disoccupazione aumenterà e un numero crescente di Neet (Not engaged in Education, Employment or Training) sarà costretto a consumare senza produrre. Ne deriverà una riduzione dei consumi e un aumento dei conflitti sociali.
Tempo libero. Nel 2030 ogni ventenne avrà davanti a sé circa 580.000 ore di vita. Per gli addetti a mansioni esecutive, il lavoro
occuperà non più di 60.000 ore. 200.000 ore saranno dedicate
alla cura del corpo (sonno, care, ecc.). 120.000 ore saranno dedicate alla formazione.
Disporremo di 200.000 ore di tempo libero, pari a 8.300 giorni
e a 23 anni. Come occupare tutto questo tempo? come evitare la noia e la depressione? Come crescere intellettualmente? Aumenterà la violenza o la pace sociale? La differenza sarà determinata dal nostro livello di cultura e di curiosità intellettuale. Occorrerà dunque formarci al tempo libero, fin da oggi, più di quanto usiamo formarci
al tempo di lavoro.
Digitalità. Microsoft è del 1975, il Web è del 1991, Google è del 1997, Facebook del 2004, Twitter del 2006. Dunque nel 2030 chi è nato con Microsoft avrà 55 anni, chi è nato con il Web ne avrà 39,
chi è nato con Google ne avrà 33, chi è nato con Facebook ne avrà 26, chi è nato con Twitter ne avrà 24.
Nel 2030 la “nuvola” informatica avrà trasformato il mondo intero in un’unica agorà: tele-apprenderemo, tele-lavoreremo, tele-ameremo, ci tele-divertiremo. L’intelligenza artificiale potrà risolvere problemi con dimostrazioni incomprensibili all’essere umano.
Il concetto di privacy tenderà a scomparire. Sarà quasi impossibile dimenticare, perdersi, annoiarsi, isolarsi.
Etica. Nel 2030 il mondo sarà più ricco ma resterà ineguale. Oggi una mucca da latte in Europa riceve un sussidio di 913 dollari mentre un abitante dell’Africa sub-sahariana riceve 8 dollari. L’aumento e la visibilità delle disuguaglianze e dell’esclusione sociale alimenteranno movimenti e conflitti.
Vaclav Havel ha detto che il comunismo ha perso ma il capitalismo non ha vinto perché il comunismo sapeva distribuire la ricchezza ma non la sapeva produrre mentre il capitalismo sa produrre la ricchezza ma non la sa distribuire. Il reddito del mondo supera ormai i 65 trilioni di dollari e, mediamente, aumenta del 3% ogni anno. Secondo il rapporto ONU sullo Sviluppo umano, basterebbero 100 miliardi di dollari ogni anno per sradicare dal pianeta la fame e la povertà estrema.
Secondo il Bruntland Report (1987) occorre assicurare al pianeta uno sviluppo sostenibile “che soddisfi i bisogni di oggi senza compromettere la possibilità delle future generazioni di soddisfare i loro”.
Poiché nel 2030 almeno il 70% dei lavoratori sarà occupato nel settore terziario, dove il vantaggio competitivo dipende dall’affidabilità e dalla qualità delle prestazioni, dunque vi sarà una forte spinta alla trasparenza, alla correttezza e alla competenza. Se vorremo avere successo, ci toccherà essere galantuomini.
Estetica. Nel 2030 i credenti si appelleranno soprattutto alla fede, i laici soprattutto all’estetica che, più di ogni altra disciplina, s’incarica dell’umana felicità.
Le tecnologie saranno molto più precise di quanto occorra a coloro che le useranno nella loro quotidianità. Ne consegue che la qualità formale degli oggetti interesserà più della loro scontata perfezione tecnica e il loro valore di mercato sarà sempre più affidato alla loro bellezza e alla loro griffe.
L’estetica diventerà uno dei principali fattori competitivi e chi si dedicherà ad attività estetiche sarà più gratificato di chi si dedicherà ad attività pratiche.
Androginia. Nel 2030 le donne del mondo vivranno tre anni più degli uomini. Il 60% degli studenti universitari, il 60% dei laureati e il 60% dei possessori di master saranno donne. Molte donne sposeranno un uomo più giovane di loro. Molte avranno un figlio senza avere un marito, mentre agli uomini non sarà ancora possibile avere un figlio senza avere una moglie.
Per tutto questo, le donne saranno al centro del sistema sociale e saranno tentate di gestirne il potere con la durezza che deriva loro dai torti subìti nei diecimila anni precedenti. I valori “femminili” (estetica, soggettività, emotività, flessibilità) avranno colonizzato anche gli uomini. Negli stili di vita prevarrà l’androginìa.
Cultura. Nel 2030 l’omologazione globale prevarrà sull’identità locale. Tuttavia, ognuno tenderà a diversificarsi dagli altri. La cultura digitale avrà soppiantato quella analogica. Energia ed ecologia saranno i problemi primari su cui verteranno gli accordi e i conflitti tra i Paesi.
Nella gara a colonizzare la cultura mondiale, il modello americano (Washington consensus) sarà insidiato da quello cinese (Beijing consensus).
L’istruzione sarà intesa come formazione permanente e occuperà almeno 100.000 ore della vita. La maggiore produzione e trasmissione del sapere avverrà secondo il criterio di “molti per molti”, così come già avviene con Wikipedia e con Facebook.
In conclusione, per governare questi profondi mutamenti occorre un robusto patto sociale tra uomini e donne, giovani e anziani, autoctoni e immigrati, ricchi e poveri, occupati e disoccupati per ridistribuire equamente e pacificamente la ricchezza, il lavoro, il potere, il sapere, le opportunità e le tutele. L’alternativa sarebbe il caos.
DOMENICO DE MASI
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