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Scontro tra due mondi a suon di offese

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Scontro tra due mondi a suon di offese

E’ una guerra asimmetrica. Una guerra tutta sul piano mediatico, ma i media convolti non riescono a parlarsi, quasi sordi gli uni agli altri. Da un lato, abbiamo i media mainstream (giornali e televisione) dove l’epidemia del Covid-19 viene trattata come la cronaca suggerisce, perciò con le notizie e le scoperte che di volta in volta si rendono attuali. Abbiamo la presenza di esperti che, nonostante la loro — talvolta clamorosa — non convergenza di giudizio, tuttavia mantengono un canone condiviso: si parla per evidenze di fatto, si parla per competenze scientifiche, si parla utilizzando dati e mezzi controllabili e, nel caso, confutabili.

Dall’altro lato, abbiamo i social media, dove si crea una fisica sociale (una scienza che andrebbe studiata e sviluppata, proprio perché molto più decisiva di quel che generalmente si pensa) dove le «notizie», le opinioni, le emozioni corrono a una velocità estrema e, paradossalmente, sembrano più credibili del vero, pur essendo, spessissimo, destituite di ogni fondamento.

Com’è possibile che questo accada? Come si può contrastare questa incomunicabilità che oggi produce due mondi che si negano vicendevolmente e, soprattutto, quale strategia può essere efficace per prosciugare il mondo inattendibile, ma con una sua forza primitiva, di quel che indichiamo come universo dei no-vax? Se ci pensiamo bene, nessun media ufficiale nega l’esistenza del Covid-19, nessuna televisione o quotidiano ha mai riportato «notizie» che possano far pensare a questa eventualità. Allo stesso modo nessun media ufficiale si è fatto paladino, direttamente e soggettivamente, della «crociata» anti-vaccini. Allora sono i social media il luogo in cui queste tesi si formano, si sviluppano e si diffondono. Tocca dedicargli qualche attenzione.

Andiamo a scoprire qualcosa di più di questo mondo. Utilizzando l’intelligenza artificiale di Expert.ai (azienda italiana leader in questo campo) applicata alla semantica, scopriamo che se consideriamo il tema dei vaccini come uno spazio, allora la maggioranza dello spazio è occupata dai no-vax. Sono una minoranza, anche sui social media, ma la loro attività è intensa, intensissima, ossessiva, tanto che in termini di volume superano nettamente, almeno in alcuni giorni, i pro-vax. D’altro canto si capisce: da un lato si combatte una «crociata» per salvare il mondo, dall’altra si cerca di sostenere qual è il modo migliore di liberarsi dall’epidemia. Emotivamente parlando non c’è storia: l’emozione sul piatto della bilancia pesa di più.

Abbiamo estratto le cinque tesi di fondo dei no-vax, da quelle più estreme a quelle più «moderate». La più estrema sostiene che il Covid stesso non esiste. Si sostiene, in quella che sembra la più dettagliata descrizione di questa tesi, che la proteina Spike e perciò il virus sia stato già «brevettato» da compagnie farmaceutiche prima che lo stesso virus comparisse a Wuhan. Il corollario di questa tesi è che attraverso il vaccino si intenda, in sostanza, controllare la gente. La seconda tesi sostiene che il Covid-19 esiste, ma il vaccino che oggi viene distribuito sarebbe sperimentale, perciò non affidabile, con il corollario emotivo molto forte (che ha molto successo in rete) che saremmo tutti cavie delle Big Pharma.

La terza tesi, molto frequentata in questi ultimi giorni, è che il vaccino non è un pericolo, ma non riesce a contrastare l’epidemia, insomma sarebbe quasi inutile. La quarta tesi è che l’informazione ufficiale, a prescindere da quale sia la verità sull’epidemia, non è credibile, perché «asservita» ai governi e, naturalmente, alle Big Pharma. La quinta tesi è che intorno ai vaccini si stia disputando una grande guerra geo-politica con variegate alleanze aziende-nazioni e tutta sulle spalle della gente inerme.

In questo universo così frastagliato, in cui nessuno sembra avere il dovere di accompagnare l’opinione con le evidenze, spicca un elemento molto particolare e riguarda il vaccino Sputnik. Analizzando oltre 300 mila tweet del mondo occidentale, lo Sputnik sembrerebbe il vaccino più affidabile: sono state persino misurate le emozioni legate a questo vaccino, e la prima emozione è data dal successo del vaccino stesso (8,8%), poi dalla speranza e dalla fiducia. Piccolo particolare: nessun Paese occidentale ha finora usato lo Sputnik. Le notizie sono alimentate da vari account che sembrano avere lo scopo unico di sostenere la bontà di questo vaccino.

L’asimmetria sta perciò sui mezzi usati da questa che appare una battaglia radicale di natura culturale per conquistare una sorta di egemonia su questo tema: da un lato l’informazione ufficiale, che perciò stesso (per essere ufficiale) viene derubricata al non essere credibile; dall’altro la considerazione dei no-vax come una forma di mito-mania non meritevole altro che di dileggio. Infatti il dileggio è il linguaggio prevalente: #vaccinomani, #covidioti contro #NoVaxNoBrain, #NovaxDiconoCose.

Come si spezza l’asimmetria? Ibridando i mondi, si direbbe. O meglio, bisogna che i sostenitori delle tesi più fantomatiche (o peggio) siano incalzati: l’insulto non li scalza dalle false credenze, ma ne perpetua la resistenza. Bisogna che i social media vengano monitorati e compresi, estraendo le tesi, rendendole evidenti nelle loro conseguenze e nella loro consistenza, o ancora rendendo evidente la loro insostenibilità. Bisogna contrastare queste tesi in maniera diretta, anche con azioni di comunicazione generale (multi-media, social inclusi) che contrastino le tesi più devianti. C’è una via legale, ma è più efficace la via culturale.

Antonio Preiti
[ CORRIERE DELLA SERA ]