L’episodio di Foggia ha solo un nome: violenza. Un’aggressione vergognosa ai danni di un insegnante che non può trovare nessuna giustificazione, come ha giustamente commentato Valeria Fedeli, ministra dell’Istruzione. Un episodio drammatico che, ancora una volta e forse definitivamente, porta alla luce del sole una grave situazione: i genitori, più dei ragazzi, manifestano una fragilità che nelle generazioni precedenti non si era mai riscontrata. Dobbiamo avere il coraggio di riconoscere che oggi sono più a rischio tanti genitori rispetto ai loro figli. Un’emergenza educativa a 360 gradi, senza precedenti.
Prevalgono atteggiamenti di totale immedesimazione emotiva nei figli. Una vera novità storica. I padri e le madri si sono sempre identificati nel loro ruolo, mantenendo la giusta distanza, senza scendere in confidenze eccessive, restando sufficientemente in disparte. Oggi non è più così. Spesso e volentieri i genitori non si chiedono che cosa serve per la crescita dei figli dal punto di vista educativo, ma si chiedono che cosa servirà per renderli felici, che cosa creerà più benessere, partendo dal presupposto che vadano rimossi gli ostacoli per rendere più facile la loro vita.
Finisce così che troviamo bambini di 6, 7, 8 anni ancora nel lettone; che l’uso dello smartphone di notte venga deciso da ragazzini di 12, 13 anni; che si preferisca fare il genitore-bancomat piuttosto che consegnare agli adolescenti una limitata e giusta paghetta settimanale.
Quando poi non ce la fa più, il genitore emotivo ricorre alle urla che diventano pertanto inevitabili nel momento in cui la funzione educativa ha perso credibilità. Si spinge sempre di più l’acceleratore dell’emotività finché non arriva a deflagrare violentemente, come nel caso di Foggia e purtroppo in molti altri casi. Incontro spesso genitori che pensano di “andare a scuola” al posto dei figli. Manca un’alfabetizzazione pedagogica per buona parte delle generazioni uscite dal ’68, una vera e propria rivoluzione antropologica che ha azzerato il senso dell’autorità costruito in millenni di storia, senza dare alle nuove famiglie un libretto di istruzione per gestire i propri bambini e ragazzi.
Esiste un antidoto a tutto questo, al di là della riproposizione della pura e semplice “famiglia tradizionale” che rischia di diventare quasi un mantra retorico e nostalgico?
Dobbiamo aiutare i genitori. Ammettere questa necessità è il grande cambiamento che può permettere di affrontare le nuove sfide. Ci sono iniziative – e di alcune, da pedagogista, mi sto occupando personalmente – come le Scuole Genitori e gli sportelli di sostegno pedagogico alla genitorialità, che possono rappresentare una risposta importante e concreta. Occorre creare luoghi riconosciuti a livello istituzionale dove i genitori possano trovare le adeguate risposte per educare i figli.
Le Scuole Genitori hanno proprio questo obiettivo: dare risposte serie e attendibili che nella confusione attuale sono sempre più difficili da trovare. Da tempo sogno che la questa competenza educativa diventi qualcosa di tangibile e reale anche nei reparti di maternità. Sogno che ogni mamma esca dall’ospedale con il suo piccolino, il suo “cucciolo” non solo con un pacco di cremine, ciucci, salviettine, latte artificiale di ogni tipo, ma anche con un kit pedagogico/educativo che offra tutte le informazioni basilari che garantiscano ai genitori le informazioni essenziali che permetteranno loro di fare le scelte giuste.