lunedì, 25 Novembre 2024

SOLO POSTI IN PIEDI. IN CASSAZIONE L’ORGANICO È AL COMPLETO

Giovanni M. Jacobazzi (IL DUBBIO)

Solo posti in piedi: in Cassazione l’organico delle toghe è al completo. La conferma si è avuta l’altra settimana quando il Plenum del Consiglio superiore della magistratura ha disposto il ritorno in ruolo degli ex consiglieri Ercole Aprile e Maria Rosaria Sangiorgio. I due togati, lo scorso settembre, al termine del mandato quadriennale a Palazzo dei Marescialli dovevano far ritorno presso l’ufficio giudiziario di provenienza, come previsto dai regolamenti del Csm. Sennonché il posto a Piazza Cavour era stato nel frattempo occupato da altri colleghi. Non essendo previste deroghe, il loro rientro è avvenuto in “soprannumero” rispetto alla forza organica dei giudici di Cassazione, fissata in 308 unità.

Il “responsabile” dell’overbooking togato in Cassazione è il precedente Csm, quello di cui facevano appunto parte Aprile e Sangiorgio, che in questi anni è riuscito nell’impresa di riempire fino all’ultimo vuoto d’organico. La notizia è certamente in controtendenza con la vulgata generale che descrive gli uffici giudiziari affetti da gravi carenze di personale. Nonostante le iniziali scoperture dovute al repentino abbassamento dell’età pensionabile delle toghe, da 75 a 70 anni, voluto dall’allora Governo Renzi, i numerosi concorsi che sono stati banditi nell’ultimo periodo hanno ripianato l’organico dei magistrati italiani, che ora presenta una scopertura fisiologica di poco più del 5%.

Per la precisione, su una forza organica di 10.151 toghe, prevista dalla legge n. 197 del 25 ottobre 2016, quella attualmente in servizio è pari 9465 unità. Sono dunque solo 686 i posti vacanti, che verranno prossimamente ripia- nati con i concorsi che sono stati già banditi. Il pieno organico, però, potrebbe essere raggiunto anche prima delle prove concorsuali. Da indiscrezioni, alcuni deputati del M5s in Commissione giustizia a Montecitorio starebbero riflettendo su una nuova modifica dell’età pensionabile, con un innalzamento a 72 anni. La proposta pentastellata, di portare a 72 anni l’età per il pensionamento, troverebbe anche il favore del- l’Associazione nazionale magistrati. E risolverebbe anche eventuali problemi a Piercamillo Davigo.

L’ex pm di Mani pulite festeggerà il settantesimo compleanno fra poco meno di due anni. Eletto al Csm la scorsa estate, potrebbe dover lasciare prima della fine della consiliatura nel 2022. Non essendoci precedenti specifici, non è dato sapere come i colleghi e il vice presidente del Csm David Ermini applicherà il regolamento. Cioè, se essere stati eletti al Csm determini in automatico una “ultra attività” che consenta di oltrepassare i limiti pensionistici. Per una interpretazione restrittiva, motivata dal fatto che si avrebbe un magistrato in pensione nell’Organo di autogoverno, con una rappresentanza “ad personam”, si è già espressa in tempi non sospetti la dirigenza di Unicost, la corrente centrista della magistratura. Senza Davigo, Unicost porterebbe a Palazzo dei Marescialli un proprio uomo, il consigliere di Cassazione Carmelo Celentano, primo dei non eletti per la funzione di legittimità, e diventerebbe il gruppo della magistratura associata più numeroso.

I magistrati in Cassazione, pur al completo, potrebbero però non essere sufficienti per fronteggiare i futuri carichi di lavoro derivanti dall’entrata in vigore del processo “eterno” fortemente voluto dal M5s e appoggiato dall’alleato leghista. Non prescrivendosi più alcun reato dopo la sentenza di primo grado, l’immediata conseguenza sarà quella di ingolfare le Corti d’Appello e, a cascata, proprio la Cassazione.

Oggi, nella stragrande maggioranza dei casi, se il reato si prescrive tra la sentenza di appello e la fissazione dell’udienza in Cassazione, il ricorso viene definito con una pronuncia di inammissibilità, che conferma la condanna in appello. Le pronunce di inammissibilità in Cassazione, come ricordato dalle Camere penali, hanno raggiunto circa l’ 80% delle complessive definizioni della suprema Corte. Venendo meno la “valvola di sfogo della prescrizione”, secondo quanto dichiarato in un recente convegno dal procuratore di Milano, Francesco Greco, sarà molto più difficile per i giudici di Piazza Cavour riuscire ad evitare di addentrarsi nei meandri del merito dei ricorsi.

Appare quindi inevitabile un aumento dei ruoli in Cassazione. E, per rimanere in tema di processo eterno, una delle altre conseguenze per i magistrati sarà l’aumento delle pendenze. Se fino ad oggi per il giudice un processo prescritto era comunque un processo definito, con l’allungamento “sine die” questo continuerà invece a comparire nei carichi di lavoro da smaltire, generando un significativo calo di produttività. Le statistiche, al momento, descrivono i giudici italiani come i più produttivi d’Europa.

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