Obtorto collo. Il latino corre in aiuto per spiegare come l’Italia stia affrontando la “guerra diplomatica” ingaggiata dall’Europa con la Federazione Russa e il suo presidente-padrone: Vladimir Putin. Ufficialmente, tutti negheranno. Ma fuori dall’ufficialità , e con la garanzia dell’anonimato, fonti diplomatiche alla Farnesina e a Bruxelles, raccontano una storia più complessa e meno idilliaca di quello che parrebbe dalla conta di funzionari e/o spie russe che i Paesi dell’Unione hanno deciso di rispedire a casa, in risposta all’avvelenamento della ex spia russa Sergey Skripal e della figlia Yulia avvenuto lo scorso 4 marzo a Salisbury, nel Regno Unito, con un agente nervino.
A concordare la risposta europea, raccontano le fonti ad HP, sono state le premier di Germania, Angela Merkel, e Regno Unito, Theresa May assieme al presidente della Francia, Emmanuel Macron. Le prime due, racconta ancora la fonte, avrebbero voluto andar giù ancor più pesantemente, inasprendo le sanzioni economiche e commerciali contro Mosca, rispetto a quelle attuate al seguito dell'(irrisolta) crisi ucraina. “Ma su questo – dicono alla Farnesina – il premier Gentiloni ha fatto resistenza, riuscendo a stoppare l’iniziativa anglo-tedesca, ben vista dall’altra parte dell’Oceano”. Di diplomatici, Francia e Germania ne hanno espulsi quattro a testa, così come la Polonia. Tre ciascuno da Repubblica Ceca e Lituania, mentre due da Italia, Spagna, Danimarca e Olanda. Uno a testa, per il momento, da Lettonia, Romania, Croazia, Ungheria ed Estonia. I Ventotto hanno anche richiamato l’Ambasciatore dell’Ue a Mosca per consultazioni.
Il capo della delegazione dell’Ue nella Federazione Russa, Markus Ederer, è giunto a Bruxelles nel fine settimana, ed è stato a colloquio con l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini. Quanto alle misure adottate, dall’entourage di “Lady Pesc” si ribadisce che tali misure sono conseguenziali a quanto deciso, unanimemente, al Consiglio europeo del 22 e 23 marzo.
Un riferimento che si ritrova nella nota diffusa dalla Farnesina, in cui si legge che “a seguito delle conclusioni adottate dal Consiglio Europeo del 22 e 23 marzo scorso, in segno di solidarietà con il Regno Unito e in coordinamento con partner europei e alleati Nato, il ministero degli Affari esteri e della Cooperazione Internazionale ha notificato oggi la decisione di espellere dal territorio italiano entro una settimana due funzionari dell’ambasciata della Federazione russa a Roma accreditati in lista diplomatica”. Sono 14 gli Stati membri della Ue ad aver preso finora il provvedimento “come seguito” di quanto deciso al vertice Ue della settimana scorsa, ha affermato il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk, aggiungendo che “altre espulsioni non sono da escludere nei prossimi giorni e settimane”. Farnesina e Palazzo Chigi non confermano né smentiscono, ma la linea che s’intende seguire sarebbe quella della “prudenza”. In altri termini, vorremo fermarci a due cartellini rossi, peraltro sventolati a due funzionari non propriamente “apicali”.
Tutti gli espulsi hanno una settimana di tempo per lasciare i relativi Paesi. Un’azione congiunta per la quale esulta il governo britannico, dal ministro degli Esteri Boris Johnson a quello della Difesa Gavin Williamson. “La straordinaria risposta internazionale dei nostri alleati – ha detto Johnson – rappresenta la più grande espulsione collettiva di agenti dell’intelligence russa nella storia e ci aiuterà a difendere la nostra sicurezza. La Russia non può violare impunemente le norme internazionali”. L’Italia è tra i Paesi europei che più hanno patito le conseguenze sanzionatorie. Ma la ragione del nostro freno non è solo dettata da interessi, economici e commerciali, nazionali. E le fonti diplomatiche spiegano i perché: “Restiamo convinti – dicono – che la Russia è un partner cruciale per la stabilizzazione di aree esplosive come il Nord Africa e il Medio Oriente, e a questo va aggiunto che le conseguenze negative della corsa al riarmo ingaggiata da Usa e Russia ricadrebbero soprattutto sull’Europa”.
Su questo, rimarcano ancora le fonti, c’è una visione “trasversale” comune alle maggiori forze politiche italiane: ognuna con le proprie motivazioni e accenti, il Movimento 5 Stelle, la Lega di Salvini, il Pd e Forza Italia convergono nel ritenere la Russia un interlocutore che non può e non deve essere messo all’angolo. Un punto di vista che non è particolarmente gradito nelle altre cancellerie europee che contano e tanto meno alla Casa Bianca.
Con un editoriale sul New York Times, Frank Bruni, una delle firme più autorevoli del NYT, ha dato voce e visibilità esattamente a un timore che non investe solo l’amministrazione Trump: : lo spostamento dell’asse di riferimento del Paese a netto favore di Vladimir Putin. “L’Italia ha abbandonato l’America. Per la Russia”, il titolo eloquente. Una forzatura, certo, ma che mette in rilievo il rischio di una “etichettatura” negativa per l’Italia da parte, interessata, di Washington e, sia pure in modo meno esplicitato, di Londra, Parigi e Berlino: quello del Paese più “putiniano” del Vecchio Continente.
Un passo indietro nel tempo. “Abbiamo sostenuto la fiducia delle imprese italiane nelle aziende russe e in questo Paese”. Mosca, 17 maggio 2017. Così il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni in una conferenza stampa con il presidente russo Vladimir Putin commentava i rapporti diplomatici tra il nostro Paese e la Russia. Poi Gentiloni fissò un obiettivo: “Tra Italia e Russia ci sono aree di cooperazione nella lotta al terrorismo e nella gestione di alcuni crisi regionali. Penso alla Libia, alla Siria e all’Afghanistan nelle quali Italia e Russia possono e devono collaborare”, disse il premier italiano. “Abbiamo minacce in comune e dobbiamo rispondere in comune”, aggiunse il premier. A questo punto, Gentiloni ha anche parlato delle sanzioni alla Russia: Dal nostro punto di vista lo sforzo che abbiamo sempre fatto e continueremo a fare è quello di sottolineare che non può esserci un automatismo nel rinnovo delle sanzioni alla Russia. Bisogna fare una discussione seria, con l’obiettivo di mantenere unita l’Unione europea ma maturando queste decisioni, facendo un ragionamento serio”.
L’Italia è per “attuare gli accordi di Minsk, ma dobbiamo dirci come stanno le cose. L’Italia – aggiunse – è interessata a questo dossier. Nessuno pensi che l’Italia romperà in solitaria con i suoi alleati ma nessuno creda che le decisioni sul rinnovo delle sanzioni possano essere prese con il pilota automatico”, concluse Gentiloni. “E’ questa la linea su cui continuiamo ad attestarci – rimarcano ancora alla Farnesina – fino a nuovo ordine”. E al nuovo primo ministro. Se dovesse toccare a Matteo Salvini, c’è da chiedersi se manterrà fede al “patto di amicizia” firmato a Mosca da Lega Nord e Russia Unita, il partito di Putin, definito di “cooperazione e collaborazione”. Un accordo, spiegò in quell’occasione lo stesso Salvini, che mette in luce unità di intenti su “lotta all’immigrazione clandestina e pacificazione della Libia, lotta al terrorismo islamico e fine delle sanzioni contro la Russia, che sono costate all’Italia 5 miliardi di euro e migliaia di posti di lavoro persi”. Era il 6 marzo 2017. E la linea è rimasta la stessa. Tanto da meritare un elegiaco pezzo di Sputnik Italia, il sito “putiniano, solerte nell’indicare chi sono nel Belpaese i “veri amici” di Mosca.
“Al governo non avrei fatto una scelta del genere”, ha detto Matteo Salvini commentando l’espulsione dall’Italia di diplomatici russi in risposta all’avvelenamento della ex spia russa Sergey Skripal e della figlia avvenuto lo scorso 4 marzo a Salisbury nel Regno Unito. “Leggere che invece che riannodare i fili del dialogo il governo italiano subisce la richiesta, che arriva da altri, ed espelle diplomatici russi – ha concluso a margine del consiglio comunale di Milano – mi sembra una cosa poco utile a un futuro di dialogo e convivenza”. Non da meno gli è Giorgia Meloni. “E’ inaccettabile che un Governo dimissionario decida di espellere due funzionari dell’ambasciata russa”, dichiara la leader di Fratelli d’Italia che parla degli “ultimi colpi di coda di un Governo asservito alla volontà di Stati esteri che per fortuna sarà messo presto nelle condizioni di non nuocere più gli interessi nazionali italiani”. Chissà che ne pensano dalle parti di Washington e di Berlino.