giovedì, 28 Novembre 2024

Stop del gas russo, l’Europa prepara i razionamenti “Pronti al peggio”

Tonia Mastrobuoni [ la Repubblica]

È cominciata la roulette russa del gas. E stamane Vladimir Putin ha caricato la prima pallottola. Il gasdotto Nord Stream 1 che collega direttamente la Siberia alla Germania e garantisce 60 dei 200 miliardi di metri cubi del metano russo che vengono pompati ogni anno in Europa, smetterà di funzionare. La pipeline che garantisce ogni giorno il fabbisogno energetico a 26 milioni di famiglie europee, resterà chiusa. Ufficialmente, per riparazioni.

E in tempi normali, la pausa di dieci giorni per scambiare una turbina spedita in Canada non impensierirebbe nessuno. Ma non siamo in tempi normali. E la guerra della Russia contro l’Ucraina si è arricchita nell’ultimo mese di una strategia elaborata al Cremlino per aumentare le pressioni sull’Europa. Se Putin strozzerà del tutto le forniture di metano, secondo il think tank brussellese Bruegel, l’Europa dovrà prepararsi a tagliare i consumi del 15%, la Germania del 20%.

Putin sta lentamente strangolando il continente. Ai paesi che non accettano di pagare il gas in rubli — Polonia, Bulgaria, Paesi Bassi, Finlandia, Danimarca — ha già chiuso i rubinetti. Ma da metà giugno Mosca ha anche cominciato a ridurre i flussi che passano attraverso Nord Stream 1. E dopo lo stop totale di oggi, a Berlino nessuno si fa illusioni sul ripristino della pipeline il 21 luglio, quando i lavori dovrebbero essere finiti; il ministro dell’Economia Robert Habeck lo ha detto a chiare lettere: «Dobbiamo prepararci al peggio».

E il suo omologo francese, Bruno Le Maire, ha spiegato ieri che l’annunciata rinazionalizzazione del colosso energetico Edf servirà proprio ad agire più rapidamente dinanzi a una crisi che rischia di diventare «un problema notevole, il taglio totale delle forniture di gas è lo scenario più probabile». Neanche Parigi crede a un ripristino delle forniture via Nord Stream 1. In teoria, Mosca potrebbe aumentare i flussi attraverso gli altri due gasdotti che puntano verso l’Europa, Transgas e Jamal. Ma nessuno ci crede.

I mesi che ci separano da un inverno che si annuncia gelido sono cruciali soprattutto per gli stoccaggi. In Germania, ad esempio, i serbatoi sono pieni al 63,5%: per superare i mesi freddi senza forniture russe bisognerebbe arrivare al 90% entro novembre. Visto che Mosca sta già riducendo il metano pompato nei gasdotti, è una corsa contro il tempo. Dall’Italia è stato il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli, a lanciare l’allarme su una «crisi energetica gravissima» che pone «rischi per l’inverno altissimi». Anche il nostro Paese sta freneticamente accumulando riserve: «Abbiamo 16 miliardi di metri cubi di stoccaggio a fronte dei 70 che consumiamo. Dobbiamo arrivare al 90% prima che inizi l’autunno».

Peraltro, le pressioni della Germania sul governo Trudeau per restituire la turbina riparata di Nord Stream 1 alla russa Gazprom, nonostante le sanzioni, ha fatto scoppiare una nuova crisi diplomatica con l’Ucraina. Un parlamentare di Kiev ha definito il pressing di Berlino e la violazione delle sanzioni «una coltellata alle spalle». Ma Habeck lo ha fatto proprio per togliere ogni alibi a Mosca. Se, nonostante la turbina riparata, Nord Stream 1 non sarà riattivato il 21 luglio, la guerra del gas contro l’Europa sarà un fatto conclamato. Giovedì scorso, Putin ha avvertito che Mosca «non ha ancora cominciato a fare sul serio in Ucraina». E forse neanche in Europa.

Intanto la Germania si corazza per l’austerità. E non quella dei conti pubblici: Berlino si prepara a un inverno di sacrifici che potrebbe far impallidire quello della crisi energetica degli anni Settanta. Il Paese europeo più dipendente dal gas russo ha già cominciato a fare appello al kantiano senso di responsabilità dei tedeschi; il governo li ha invitati ad accorciare le docce, a lasciare più spesso le auto in garage, a spegnere l’aria condizionata. «Dobbiamo tutti dare un contributo», ha scandito il ministro dell’Economia Habeck.

E in vista di un inverno nero, i primi comuni tedeschi hanno già annunciato che allestiranno «stanze calde» per i cittadini che resteranno al freddo o non potranno pagare le bollette schizzate alle stelle. Altre città hanno cominciato a tagliare le temperature delle piscine comunali. Berlino ha fatto sapere che in tutti gli edifici pubblici il riscaldamento sarà tagliato di tre gradi. E il colosso immobiliare Vonovia ha annunciato che tra le 22 e le 6 gli appartamenti potranno essere riscaldati al massimo fino a 17 gradi. “Non voglio nascondermi dietro a un dito”, ha sottolineato Habeck: “rischiamo forti divisioni sociali”. 

Tonia Mastrobuoni
[ la Repubblica]