giovedì, 28 Novembre 2024

Tentazioni di Stato

Nicola Saldutti [ CORRIERE DELLA SERA ]

Lo Stato, in questa situazione di emergenza, sta affrontando simultaneamente tante situazioni di crisi, dalla liquidità, al lavoro, alle imprese. E questa è l’unica strada per tentare di attenuare, almeno per il momento, gli effetti della crisi. C’è però una tentazione che resta molto forte nella politica, l’idea che lo Stato possa sostituirsi alla capacità degli imprenditori di reagire, di trovare le risposte di mercato a questa emergenza.

In uno scenario difficilmente prevedibile, certo. E c’è persino chi coltiva l’illusione che far risorgere qualcosa di simile all’Iri, l’Istituto per la ricostruzione industriale, nato per contrastare la crisi degli anni Trenta, possa essere risolutivo.

Non una tentazione, un errore. Lo Stato, l’Europa, la Bce, sono gli unici argini in questa fase. Ma la loro efficacia sarà massima se anche le imprese potranno dispiegare compiutamente e senza invasioni di campo il loro ruolo. Il pubblico dovrà essere un socio paziente e non invasivo.

Prendiamo la Cassa Depositi e prestiti, nel decreto appena varato è prevista la nascita di un fondo dal nome simbolico «Patrimonio Rilancio». Che potrebbe avere una dotazione di 50 miliardi e la possibilità di entrare direttamente, attraverso la sottoscrizione di azioni o di prestiti convertibili in società con un fatturato superiore ai 50 milioni. Un sostegno che potrebbe rivelarsi decisivo e prezioso, dal momento che anche aziende solide, di lunga storia e tradizione, nello scenario attuale stanno affrontando situazioni impensabili.

Dunque la presenza dello Stato può essere fondamentale per superare questa fase, la cui durata è difficilmente prevedibile. Il passo tra questo intervento e l’idea di entrare nella governance, chiedere posti nei consigli di amministrazione, magari anche influire e determinare la gestione potrebbe essere breve. E sarebbe sbagliato compierlo. Perché la forza dell’economia italiana è sempre stata legata alla forza delle sue imprese.

Certo, la nostra, come quella di tutti i principali Paesi, è una economia mista, nella quale la presenza diretta dello Stato in settori strategici è elevata, si pensi all’Eni o all’Enel. Pensare di estenderla, però, e magari risuscitare il ministero delle Partecipazioni Statali (che pure in molte fasi della storia del nostro Paese è stato lungimirante) sarebbe un’illusione.

Lo Stato dovrà avere la capacità di sostenere l’economia privata riducendo al minimo la sua ingerenza. La moltiplicazione di nomine e poltrone è una tentazione alla quale difficilmente resiste una politica troppo impegnata nella ricerca del consenso.

L’Iri ha contribuito a costruire un forte Paese industriale dopo la crisi degli anni Trenta, dalle telecomunicazioni all’acciaio, alle autostrade. Oggi lo Stato dovrà fare una cosa anche più complicata, individuare i settori su quali questo Paese vuole giocarsi il futuro. Il recente «Decreto Rilancio» con le sue non scelte e la mancanza di chiare indicazioni sulle priorità come sottolineato ieri sul Corriere da Sabino Cassese è l’esempio di quanto si sia lontani dal farlo. Altro che una presidenza, un posto in consiglio o un manager pubblico o para-pubblico in più dentro le aziende che dovrà aiutare a salvare. Da Alberto Beneduce e dal primo Iri si possono anche trarre lezioni, ma vanno ben comprese. Per evitare errori e abbagli.

Nicola Saldutti
[ CORRIERE DELLA SERA ]