sabato, 23 Novembre 2024

Tre approcci occidentali sui rischi dell’AI USA, UK, UE

Giulio Silvano [ CIVILTA' DELLE MACCHINE ]

Da quando l’Intelligenza Artificiale è uscita dal reame della fantascienza ed è entrata nel reame della realtà, una parte del mondo è spaventata. Alcuni pensano che i robot prenderanno il controllo e sottometteranno gli esseri umani come in un racconto tratto da Amazing stories o da un episodio di Black Mirror. Ma per anticipare il problema, e forse anche per rincuorare gli apocalittici, alcuni governi stanno iniziando a prevenire i problemi che potrebbero essere causati da un sempre più ampio uso dell’intelligenza artificiale aumentando i controlli sulle aziende tech. 

USA
Joe Biden ha avuto un approccio scattante. Non potendo aspettare i tempi di legislazione del Congresso, ha firmato a fine ottobre un ordine esecutivo garantendo una supervisione governativa sull’AI. In attesa Camera e Senato scrivano e approvino una legge più solida, Biden ha voluto dare un suo contributo per non lasciare ai grandi del tech la mano libera sullo sviluppo dell’AI. Infatti, con l’ordine esecutivo, le aziende sviluppatrici dovranno mettere in atto dei test di sicurezza e notificare i risultati al governo prima di immettere sul mercato nuovi prodotti.

Sono state inoltre implementate nuove regole sull’obbligo di identificare i contenuti creati con l’AI rispetto a quelli creati da umani. La vicepresidente Kamala Harris ha anche annunciato che verrà creato l’American AI Safety Institute per monitorare i problemi sul nascere. In generale la preoccupazione principale degli Stati Uniti resta quella che le nazioni antagoniste, o organizzazioni terroriste, possano usare l’AI per attacchi di qualsiasi genere, e quindi l’obiettivo diventa anche limitare gli sviluppi di tecnologie in altri paesi o comunque fare in modo che le aziende USA non condividano troppo.

UK

Dall’altra parte dell’oceano il primo ministro del Regno Unito, Rishi Sunak, ha pronunciato un discorso il 26 ottobre alla Royal Society, esprimendo il proprio ottimismo verso “il potere della tecnologia di rendere la vita migliore per tutti”. Ma nello stesso discorso ha parlato di come l’AI potrà trasformare il mondo tanto quanto la rivoluzione industriale o la nascita di internet, e di come queste nuove tecnologie potrebbero essere usate, ad esempio, da gruppi terroristici, da hacker per attacchi informatici, o da malintenzionati per la creazione di armi biologiche. “Non voglio essere allarmista”, ha detto, ma dobbiamo metterci al lavoro per anticipare questi rischi. “Credo che dovremmo prendere ispirazione dal Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico” delle Nazioni Unite, ha detto il primo ministro, “che è stato creato per ottenere un vasto consenso scientifico internazionale”, e quindi ha proposto di istituire un comitato globale di esperti per pubblicare un report sugli sviluppi scientifici dell’AI.

Per farlo ha organizzato un vertice internazionale a Bletchley Park, il luogo dove Alan Turing ha decodificato Enigma, il codice segreto nazista. All’AI Safety Summit di Londra ha preso parte anche il presidente del consiglio Giorgia Meloni, che, attraverso una nota di Palazzo Chigi, ha fatto sapere che l’intelligenza artificiale “sarà uno dei temi al centro della Presidenza italiana del G7 del prossimo anno”. All’evento londinese erano presenti delegati governativi di ventisette paesi, tra cui la Cina, e personaggi chiave del tech come il Ceo di OpenAI e il proprietario di Space X Elon Musk. A conclusione dell’evento Sunak ha dichiarato che diverse aziende sviluppatrici di intelligenza artificiale hanno accettato di dare al governo inglese un accesso prioritario ai loro nuovi modelli per fare dei controlli sulla sicurezza. Inoltre è stata decisa la creazione di una task forze sull’AI che nel tempo diventerà permanente, lo UK AI Safety Institute. Ventotto nazioni, inclusi Stati Uniti, India e Cina, hanno firmato la “Bletchley Declaration” riconoscendo i rischi dell’AI e garantendo una cooperazione internazionali nell’identificazione e nella mitigazione di questi rischi. 

E l’Unione Europea?

Da una parte l’approccio risolutivo di Biden, in attesa di leggi più precise, dall’altra quello di Sunak, che costruendosi un ruolo da mediatore vuole fare diventare l’AI una questione globale e non nazionale. Sunak vuole anche che il tema AI resti la sua legacy politica, dato che a breve, alle prossime elezioni, probabilmente vincerà il Labour). Ma ci si chiede, l’Unione Europea in tutto questo? In realtà, come spesso accade la UE è stata all’avanguardia sulla tematica AI.
Esiste dal 2021 una proposta per un Artificial Intelligence Act che, tranne per il settore militare che resta prerogativa dei singoli governi nazionali, regolerà in tutti gli ambiti la gestione delle nuove tecnologie. “Le persone e le aziende dovrebbero poter godersi i benefici dell’AI sentendosi sicure e protette”, dice la Commissione.

L’AI Act propone una lista di eventuali rischi, e cerca soluzioni per anticiparli. L’Artificial Intelligence Act è la prima iniziativa di portata così vasta, sia a livello di copertura di paesi che di argomenti in cui l’AI potrebbe avere effetti, dalla manipolazione psicologica all’uso indiscriminato delle tecnologie biometriche per il riconoscimento facciale. L’obiettivo è che vengano rispettati i diritti fondamentali e fondativi dell’UE. I funzionari europei hanno fatto bene i compiti, il testo è esaustivo e l’approccio è molto meno manicheo di quello americano. Bene la teoria, male la pratica. Manca la messa a punto. Il testo è passato per il Parlamento, ma adesso ci vorranno almeno uno o due anni in modo che tutto venga tradotto nelle leggi dei singoli paesi membri. Come sempre, colpa di un’eccessiva burocratizzazione o del dover mettere d’accordo 27 nazioni, non si vedono risultati pratici.

È un peccato perché, come è successo con il Regolamento generale sulla protezione dei dati, l’EU quando fa le cose queste possono facilmente diventare un vero e proprio template globale, un modello per tutti, uno standard. Ma prima bisogna che passino tutte le fasi della burocrazia e di quella che nel gergo della legge dell’EU si chiama armonizzazione comunitaria, e con la rapidità con cui si sviluppano queste tecnologie, anche un anno o due sono troppi. 

Giulio Silvano

[ CIVILTA’ DELLE MACCHINE ]