Il presidente americano, Donald Trump, ha telefonato al leader dell’Autorità palestinese Abu Mazen alla vigilia dell’attesa decisione della Casa Bianca di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele. Non solo: secondo la stessa autorità palestinese, Trump ha informato Abu Mazen che intende trasferire l’ambasciata da «Tel Aviv a Gerusalemme». La replica è stata perentoria: «La decisione avrà pericolose conseguenze nel processo di pace e sulla sicurezza e la stabilità nella regione e nel mondo». Abu Mazen poi ha telefonato in serata al presidente russo Vladimir Putin informandolo «sulle minacce per la città di Gerusalemme. Occorre muoversi immediatamente – ha spiegato – per proteggere Gerusalemme e i suoi santuari islamici e cristiani che sono esposti a rischi». E poi anche a Papa Francesco: la conferma arriva dal portavoce della Santa Sede, Greg Burke, specificando che la conversazione è avvenuta «per iniziativa di Abbas».
Tre giorni di collera
I palestinesi hanno poi annunciato «3 giorni di collera» da mercoledì a venerdì per protesta contro la volontà di Donald Trump. Tutte le fazioni palestinesi hanno condannato Trump definendo la sua politica «un ricatto». «Chiamiamo tutto il nostro popolo in Israele e nel mondo – hanno detto – a raccogliersi nei centri delle città e di fronte alle ambasciate e consolati israeliani con l’obiettivo di portare la generale rabbia popolare».
L’ipotesi del rinvio
Si tratta di una decisione, quella del presidente americano, che secondo alcune fonti dell’amministrazione Usa, potrebbe slittare. A provocare un rinvio rispetto ai tempi previsti, spiega la Cnn, sarebbe la discussione apertasi all’interno della Casa Bianca in seguito alle pressioni degli alleati, dalle cancellerie europee a quelle dei paesi arabi. In particolare si starebbe valutando come controbilanciare la decisione tenendo conto anche delle istanze dei palestinesi. Si tratta di una ipotesi però smentita da altre indiscrezioni. Secondo il New York Times il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele da parte degli Stati Uniti dovrebbe essere annunciato dal Trump nella giornata mercoledì.
Le telefonate a Netanyahu e Abdullah II
Poco dopo il presidente americano ha chiamato anche il primo ministro israeliano Netanyahu e il re di Giordania, Abdullah II. E anche secondo il sovrano giordano la decisione avrà «ripercussioni pericolose sulla stabilità e sulla sicurezza del Medio Oriente». Trump poi ha chiamato anche il capo di Stato egiziano Abdel Fattah al Sisi. E Sisi ha riaffermato «la posizione immutata dell’Egitto sul fatto che lo statuto giuridico di Gerusalemme va preservato», ha aggiunto l’emittente in linea con informazioni diffuse dall’agenzia Mena. «Sisi ha giudicato necessario operare per non complicare la situazione nella regione», riferisce l’agenzia citando il portavoce della presidenza.
«Una flagrante provocazione»
Il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele «rappresenterebbe una flagrante provocazione per i musulmani in tutto il mondo», ha invece spiegato il re saudita Salman bin Abdulaziz Al Saud al presidente Usa Donald Trump nel corso della sua telefonata. Lo scrive l’agenzia di stampa ufficiale saudita. Una mossa di questo tipo «prima del raggiungimento di una intesa minerebbe il negoziato di pace in corso e costituirebbe una escalation in tutta la regione».
La preoccupazione di Macron
In mattinata, il presidente francese, Emmanuel Macron, ha espresso la sua «preoccupazione» al capo della Casa Bianca «sulla possibilità che gli Stati Uniti riconoscano unilateralmente Gerusalemme come capitale». Lo ha reso noto un comunicato dell’Eliseo, precisando che Macron ha ricordato che la questione dello «status di Gerusalemme dovrà essere risolto nel quadro dei negoziati di pace fra israeliani e palestinesi».
«Sforzi congiunti»
Il negoziato su Gerusalemme dovrà essere portato avanti nell’ambito di negoziati che «puntino in particolare alla creazione di due stati, Israele e Palestina, che vivano fianco a fianco e in sicurezza, con Gerusalemme come capitale». Macron ha parlato a Trump anche dell’Iraq, riferendo i risultati della visita a Parigi, sabato scorso, del primo ministro del governo regionale del Kurdistan, Nechirvan Barzani, accompagnato dal vicepremier Qubad Talabani. Nella nota dell’Eliseo si legge che «la Francia e gli Stati Uniti proseguiranno i loro sforzi congiunti per preservare la stabilità e l’unità dell’Iraq e favorire il dialogo nazionale fra le autorità federali e i dirigenti curdi iracheni».
L’allarme israeliano
Le preoccupazioni di Macron si fondano anche su quanto riferiscono i media israeliani a proposito delle ripercussioni sul mondo palestinese del riconoscimento di Trump. Il sistema di difesa israeliano si starebbe infatti preparando per una «possibile violenta» rivolta palestinese in Israele, principalmente a Gerusalemme, dove Trump vorrebbe trasferire l’ambasciata Usa (ora a Tel Aviv). La polizia israeliana, lo Shin Bet e il comando centrale dell’esercito avrebbero tenuto in questi giorni numerose riunioni in tal senso. Anche per la Germania, un riconoscimento unilaterale degli Stati Uniti di Gerusalemme come capitale di Israele sarebbe «uno sviluppo molto pericoloso». Per il ministro degli Esteri tedesco Sigmar Gabriel «è nell’interesse di tutti che non accada».
«La linea»
I rappresentanti della difesa israeliani hanno sottolineato che le pur dure reazioni della leadership palestinese devono «ancora superare la linea», ma che questa può essere sorpassata «in un attimo» anche senza l’incoraggiamento dell’Autorità nazionale palestinese (Anp). Secondo il sito Ynetnews, l’amministrazione Usa ha dato istruzioni ai propri consolati ed ambasciate in Medio Oriente di alzare il livello di allerta per paura di proteste contro le istituzioni americane.
La Lega araba
Il segretario generale della Lega araba, Ahmed Aboul Gheit, ha invitato Donald Trump a «evitare qualsiasi iniziativa capace di mutare lo status giuridico e politico di Gerusalemme», sottolineando «la minaccia rappresentata da un tale passo per la stabilità della regione». «Siamo riuniti non per provocare sentimenti» ostili «ma per mettere in guardia sulle pericolose ricadute di questa fase», ha detto Aboul Gheit n un discorso alla riunione straordinaria dell’organizzazione dei paesi arabi al Cairo.
Il ministro Alfano e la posizione Ue
Sul fronte diplomatico, si registra anche l’intervento del ministro degli Esteri italiano, Angelino Alfano, al termine del pranzo informale Ue con il segretario di Stato Usa, Rex Tillerson: «A Tillerson abbiamo ribadito che l’impostazione europea rimane quella dei due Stati, e lo status di Gerusalemme va incluso in un negoziato, che è quello che si è avviato in questi anni, purtroppo senza risultati definitivi, e non può essere messo su un altro binario. Tillerson – ha spiegato Alfano – ha chiesto di non anticipare giudizi senza aver ascoltato la dichiarazione di Trump, che sarà, secondo quanto abbiamo capito, abbastanza articolata e riguarderà non solo Gerusalemme ma l’intero processo di pace in Medio Oriente».