giovedì, 28 Novembre 2024

Tutti contro tutti in Italia col tricolore alla finestra

MICHELE PARTIPILO [ LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO ]

Entro fine settimana sarà ufficializzato il piano del governo per la cosiddetta «Fase-2». Si dirà: una buona notizia, che fa seguito al calo di contagi e di vittime. Certo, un’ottima notizia se non fosse che l’Italia non riesce a espellere dal suo Dna le molecole del separatismo, dell’antica logica dei Comuni l’un contro l’altro armati, dell’invocare leggi, codici e codicilli per poi fare di testa propria. Insomma, più che Niccolò Machiavelli, Francesco Guicciardini e la sua cultura del «particolare», inteso come tornaconto personale, restano il modello dei nostri politici.

E mentre gli italiani per sentirsi uniti durante la pandemia mettono il tricolore alle finestre, la classe dirigente si sbraccia a creare task force che devono elaborare piani alternativi a quelli della task force del governo. Si emettono ordinanze regionali, comunali, di quartiere e forse anche di condominio: tutti esercitano poteri che incidono su libertà fondamentali alla faccia di qualsiasi garanzia costituzionale.

Sin dall’inizio, la vicenda Covid-19 ha mostrato un Paese inadeguato ad affrontare l’emergenza sanitaria, per via dei costanti tagli alla sanità pubblica, ma soprattutto una classe dirigente litigiosa e arrogante. In una emergenza gravissima, il governo centrale ha dovuto patteggiare con le Regioni le decisioni da prendere.

«Condivisione» è stata la parola più pronunciata da Conte e i suoi tra fine febbraio e fine marzo. Un eufemismo per dire che si stava mercanteggiando su ogni virgola dei decreti che sarebbero arrivati e che, per questa ragione, avrebbero mostrato falle evidenti, tanto da dover essere corretti e integrati da altri decreti, altrettanto carenti. Un guazzabuglio di norme piovuto sui poveri cittadini frastornati e impauriti: un banale modello di autocertificazione per uscire di casa è stato rifatto per tre volte.

In un momento tragico si sono rivelate due verità: la prima è che la sanità è un settore in cui non può esserci spazio per l’autonomia delle Regioni; la seconda è che quando c’è un’emergenza si mettono da parte opinioni, divisioni e opposizioni e con generosità si lavora insieme per il bene comune. Gli italiani si sono dimostrati capaci di farlo, per esempio quando in 8mila hanno risposto alla chiamata per 300 medici. La classe dirigente molto meno. A cominciare dalle sceneggiate, esibite via Internet, su mascherine, tamponi e trasporti. Un dramma collettivo, un massacro di innocenti trasformato in motivo di polemica politica, con le Regioni di centrodestra schierate contro il governo e le regioni di centrosinistra contro quelle di centrodestra. Il Nord contro il Sud e viceversa, con l’orgoglio lombardo ferito in cerca di riscatto a ogni costo.

Ora c’è un altro terreno di scontro: referendum, elezioni comunali e regionali. Il governo pensa che si possa votare tra fine settembre e fine ottobre, i presidenti delle Regioni interessate – tra cui la Puglia – chiedono invece che si vada alle urne a luglio. Dando per scontato che in luglio ci siano sufficienti condizioni di sicurezza, dopo mesi di reclusione domestica, ci sarà gente disposta a sacrificare una domenica al mare o in montagna per andare a votare? E in quali condizioni si potrà svolgere la campagna elettorale? O si tratterà di un voto a «scatola chiusa»?

Se i politici non hanno brillato, c’è da dire che sono stati in buona compagnia. Amara è stata la delusione nel vedere zuffe fra illustri scienziati durante le ospitate in programmi televisivi e online, mentre i loro colleghi scoppiavano negli ospedali e parecchi ci rimettevano pure la pelle. Di fronte a un virus sconosciuto e perfido, anziché fare professione di umiltà, perché ogni cosa detta poteva essere solo ipotetica, si sono sfoggiate presunte certezze, subito smentite da altre presunte sicurezze. Diciamo che non è stato un esempio di metodo scientifico, piuttosto una fiera delle vanità che di rado era capitato di vedere, pur comprendendo che in ballo ci sono finanziamenti a progetti di ricerca, incarichi in commissioni, presidenze di task force.

No, non è stato un bello spettacolo quello cui abbiamo assistito in questi due mesi e che minaccia di continuare ancora per molto. Se neppure 25mila morti e un incombente disastro economico riescono a farci pensare al bene comune, alla necessità di fare squadra per vincere tutti insieme, allora questo Paese non ha speranza. E lo ha fatto capire anche il Papa quando a più riprese ha chiesto di pregare per i governanti «perché trovino la strada giusta sempre in favore dei popoli». Per guarire presto dal Covid forse sarà necessario un miracolo, per guarire dal «tutti contro tutti» che affligge il Belpaese forse non basterà neppure quello.

MICHELE PARTIPILO
[ LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO ]