giovedì, 28 Novembre 2024

Ucraina: l’incognita del grano

 Alessia De Luca [ ISPI Advisor for Online Publications ]

Occhi puntati sui porti del Mar Nero da cui entro la fine della settimana dovrebbero riprendere le esportazioni di grano. “Il momento esatto in cui inizieranno le esportazioni sarà determinato dalle basi logistiche”, ha affermato il portavoce del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, Ibrahim Kalin, secondo cui si dovrebbero raggiungere i 25 milioni di tonnellate entro la fine dell’anno.

Dopo mesi di stallo nei negoziati, lo scorso 22 luglio, Russia e Ucraina hanno firmato a Istanbul un accordo per l’istituzione di un corridoio nel Mar Nero per l’esportazione di prodotti alimentari. Ben 100 navi che trasportavano grano e prodotti agricoli sono rimaste intrappolate nei porti ucraini dallo scorso 24 febbraio, data di inizio dell’invasione russa. A queste si unisce il blocco volontario delle esportazioni di grano russe, formalmente per questioni di sicurezza nazionale. Due blocchi di diversa natura, ma che hanno avuto come conseguenza comune quella di far schizzare i prezzi dei beni alimentari, già in corsa da inizio 2021. Intanto il conflitto continua a mietere vittime. A Bakhmut, città chiave sulla linea del fronte nell’est dell’Ucraina, un attacco russo ha danneggiato un hotel, provocando diverse vittime, mentre le forze di Mosca continuano a bombardare città e villaggi nella regione di Donetsk. Ma dall’inizio della guerra, secondo il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, “la Russia ha perso quasi 40mila soldati”. 

Cosa prevede l’intesa?

Vista l’impossibilità di far sottoscrivere ai rappresentanti di Mosca e Kiev un unico testo, l’accordo raggiunto a Istanbul si compone di due intese distinte, firmate con Nazioni Unite e Turchia: una siglata dal ministro della Difesa russo, Sergei Shoigu, e l’altra dal ministro delle Infrastrutture ucraino, Oleksandr Kubrakov. Le intese, che interessano i tre porti di Odessa, Chernomorsk, Pivdennyi, sono valide per una durata di 120 giorni, superati i quali, se la guerra non sarà finita, dovranno essere rinnovate.

I piloti di Kiev guideranno le navi portacontainer lungo un corridoio sicuro, con dragamine a disposizione in caso di necessità, ma senza scorte militari. Il governo ucraino ha in particolare preteso che nessuna imbarcazione russa possa accompagnare le navi e che nessun rappresentante russo sia presente nei suoi porti. Al ritorno – condizione posta da Mosca – le imbarcazioni saranno sottoposte a ispezioni in un porto turco, sotto la supervisione di un centro di coordinamento internazionale, per accertare che non trasportino armi. Sull’accordo però prevale lo scetticismo: a meno di 12 ore dall’intesa, le forze russe hanno attaccato il porto di Odessa con missili da crociera e oggi il viceministro degli Esteri russo Andrei Rudenko ha dichiarato che l’accordo potrebbe venir meno “se gli ostacoli alle esportazioni agricole della Russia non saranno prontamente rimossi”.

La partita di Erdogan?

Europa e Stati Uniti hanno più volte accusato la Russia di aver messo in piedi un ricatto e di usare la crisi del grano come arma, tenendo in ostaggio decine di milioni di persone nel mondo. Accuse rigettate da Mosca, che addossa la responsabilità dell’impennata dei prezzi alle sanzioni internazionali. Una frattura in cui il presidente turco Erdogan ha trovato spazio di manovra per costruirsi un ruolo di primo piano come mediatore. Criticando l’approccio dell’Occidente nei confronti del presidente russo Vladimir Putin, Erdogan ha detto: “Se lo si tratta come un paria, come può reagire Putin?”

E ancora: “Non consideriamo nessuno un nemico. Li vediamo entrambi come amici e questo porta a un approccio molto sincero da entrambe le parti”. Il presidente turco ha invitato Mosca e Kiev ad onorare l’accordo trovato a Istanbul per l’esportazione di grano dai porti dell’Ucraina. Il patto “allevierà la crisi alimentare globale”, ha osservato, affermando che il bombardamento russo al porto di Odessa lo ha “rattristato”. Erdogan – che tornerà ad incontrare il Putin a Sochi il prossimo 5 agosto – ha anche lamentato la mancanza di passi avanti con Svezia e Finlandia sull’estradizione di esponenti del Pkk. Una condizione, quella posta per dare il via libera all’ingresso dei due paesi nella Nato, su cui Ankara “non intende scendere a compromessi”.

Il fronte africano?

Secondo le Nazioni Unite e il Programma alimentare mondiale, il conflitto in Ucraina ha innescato una crisi alimentare che spinge circa 47 milioni di persone verso la “fame acuta”. Prima dell’invasione, le spedizioni di grano dall’Ucraina ammontavano a circa 5 milioni di tonnellate al mese. E se anche l’accordo firmato a Istanbul entrasse in vigore senza ulteriori ritardi e procedesse a pieno ritmo – cosa tutt’altro che certa al momento – gli operatori del settore si aspettano che ci vorranno mesi prima di raggiungere i livelli prebellici. Nel frattempo, il prezzo del pane cresce e con esso il malcontento a diverse latitudini.

Non è un caso che la settimana scorsa il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov si sia recato in visita in quattro paesi africani – il continente che maggiormente risente del blocco dell’export di grano – per spiegare che “non è colpa di Mosca” se dai porti del Mar Nero non partono navi. “Quello in Africa – osserva Jason Burke sul Guardian – è un altro fronte nella guerra tra l’Occidente e Mosca”. Ma è un fronte su cui il Cremlino sembra muoversi a suo agio, forte di legami consolidati e di antiamericanismo e antieuropeismo diffusi nelle opinioni pubbliche di diversi paesi.

Il portavoce della presidenza di Kiev, Mykhaylo Podolyak, ha criticato la visita di Lavrov, definendola “un cinico stratagemma” di Mosca. “Il viaggio di Lavrov in Africa è la quintessenza del sadismo russo – ha scritto su Podolyak su Twitter – Prima organizzano la fame in modo artificiale e poi vanno a rallegrare la gente”.

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A cura della redazione di  ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca,  ISPI Advisor for Online Publications)