giovedì, 28 Novembre 2024

Una “nuova filiera” del mondo sportivo

PIERO SANDULLI [ professore avvocato ]

Dalle riflessioni, imposte dall’abusato tempo sospeso al quale ci ha costretti  la pandemia, è emersa con prepotenza la necessità di semplificare la macchina dello Stato, depurandola dalle perniciose incrostazioni della burocrazia.
Con tutta evidenza, si è manifestata l’ opportunità di costruire un nuovo rapporto di fiducia tra istituzioni e cittadini, in ogni segmento della vita pubblica.
Tra le altre materie da razionalizzare, certamente quella dello sport ha un particolare rilievo, anche alla luce della legge di delega n. 86 del 2019

Sommario: Introduzione. – 1. Il Ministero dello Sport. – 2. La nuova struttura del settore. a) La competenza del C.O.N.I. – b) La competenza della società Sport e Salute. –  3. Gli altri protagonisti. – c) Le federazioni sportive. – d) L’Università dello sport. – 4. La popolazione dello sport. – 5. La giustizia sportiva.  – e) Il professionismo sportivo. – f) I giudici di gara-gli arbitri-i cronometristi. – g) Gli agenti sportivi. – h) I tifosi. – 5) La giustizia sportiva. – 6. Conclusioni.

 Introduzione.

La piena consapevolezza dell’importanza dello sport in Italia, acquisita soltanto negli ultimi anni, obbliga l’intero settore a reinventare il suo essere, anche a causa della duplice anima (agonistica e terapeutico-educativa), che, da ultimo, è stata individuata e che viene riassunta dalla legge n. 86 dell’agosto 2019, dalla quale sono state dettate regole e deleghe, da cui far partire la strada del nuovo modo di essere dell’intero settore sportivo.

Quando il legislatore ha ritenuto di trasformare la società Coni Servizi, nata con la finalità di essere il braccio operativo dell’ente pubblico  C.O.N.I. , dando vita, con la legge di bilancio per il 2019, la n. 145 del 2018, alla società “Sport e Salute”, con finalità distinte, si è disegnata una nuova geografia dello sport. Si sono assegnati, alla Sport e Salute, compiti ampiamente diversi da quelli, in precedenza, svolti dalla CONI Servizi, non più ancillari al Comitato Olimpico, e si è determinato un nuovo assetto nella gestione dello Sport: tale percorso non è stato, però, ancora razionalizzato.

1. Il Ministero dello Sport.

Appare evidente che, per dar corpo a questo nuovo percorso, voluto dall’Esecutivo, si debba trovare un punto di equilibrio, in quanto, avendo trasformato le funzioni strumentali della Coni Servizi, in compiti diversi ed autonomi attribuiti alla Sport e Salute, non si è realizzata una mera mutazione terminologica, bensì si è dato vita ad un sistema di gestione dello sport notevolmente diverso dal precedente.

Il punto di equilibrio tra le due competenze in tema di sport non può che essere rappresentato dal Ministero dello Sport, il quale, però, dovrà, necessariamente, essere intrinsicamente modificato per assumere l’autorevolezza necessaria al nuovo compito di coordinamento e bilanciamento.

E’ opportuna la trasformazione del Ministero, da attuale organismo senza possibilità di spesa e di programmazione (senza portafoglio), in una struttura dotata di fondi propri, che sia parte integrante dell’Esecutivo e non, come accade oggi, solo occasionalmente presente in esso.

Per far ciò andrà modificata la legge n. 400 del 1988, come già accaduto in passato, e dovrà essere previsto un diretto controllo sul C.O.N.I. da parte del Ministero, così come trasformato e potenziato. Attualmente, almeno formalmente, il controllo sul C.O.N.I. è attribuito al Ministero per i beni culturali.

L’importanza dello sport, non solo agonistico, è tale da legittimare detta rilevante modifica, coerente con la consapevolezza del rilievo del settore e del suo indotto, anche in termini di prodotto interno lordo. Non è un mistero, infatti, che all’inizio della storia repubblicana del Paese, non solo non vi era traccia dello sport nella Costituzione, ma lo stesso Comitato Olimpico avrebbe dovuto essere liquidato ed era già stato nominato un commissario liquidatore.

Collocato, in tal modo, il primo tassello della filiera è ora necessario riflettere sulla nuova struttura, al fine di razionalizzare il sistema.

2. La nuova struttura del settore.

Dalla analisi dell’art. 1, comma 630, della legge di bilancio per il 2019 (L. n. 145 del 2018), emerge, chiaramente, la volontà del legislatore di dare vita a due distinte strutture tra le quali ripartire la guida del settore sportivo italiano.

Tale intendimento è avvalorato dalla delega, contenuta nella legge n. 86 del 2019, nella quale, all’art. 1, si prevede il riordino del C.O.N.I “coerentemente con quanto stabilito dall’art. 1, comma 630, della legge del 30 dicembre 2018, n. 145” (art. 1, lettera D).

a) La competenza del C.O.N.I.

Detto nuovo sistema non deve, però, portare ad un C.O.N.I. posto in posizione subordinata a “Sport e Salute”, tantomeno, può essere  protratta l’attuale situazione che vede il Comitato Olimpico funzionare con personale ad esso “prestato” dalla Società di capitali, in base al dettato dell’articolo 8, comma 11, della legge n. 178 del 2002. Anche le risorse economiche, per il funzionamento del C.O.N.I., non dovranno essere ad esso trasmesse da “Sport e Salute” che, come ora accade, veicola al primo una piccola parte di quanto ricevuto dall’Esecutivo, collocando, in tal modo, il Comitato in posizione subordinata.

Tale stato di cose, oltre ad essere contrario all’autonomia dell’Ordinamento sportivo (alterando la filiera C.I.O., C.O.N.I, federazioni, società sportive, tesserati) non è, neppure, idoneo a garantire, al C.O.N.I., la giusta autorità ed autorevolezza nei confronti delle federazioni sportive e delle altre discipline associate, che da questo debbono essere controllate.

La piena autonomia dalla società “Sport e Salute” p.A. e l’indipendenza gestionale ed economica sull’agonismo sportivo, ad ogni livello, debbono essere gli elementi costitutivi del Comitato Olimpico, nel ruolo ad esso assegnato dalla legge n. 86 del 2019.

L’unico potere di controllo formale, nei suoi confronti, va esercitato dal Ministero dello Sport, che sarà divenuto – come detto – parte integrante (con potere di spesa) dell’Esecutivo.

Anche sotto il profilo del decentramento territoriale andrà preservata l’autonomia ed autorevolezza del Comitato Olimpico. Non si può, infatti, coltivare l’agonismo e preparare il futuro sportivo degli atleti soltanto nel segmento finale di una carriera già delineata. E’, però, altrettanto necessario che la crescita sportiva dei tesserati veda il coinvolgimento pieno delle federazioni sportive e delle loro società. Infatti, solo nella piena e convinta autonomia e nella sussidiarietà del sistema può svilupparsi lo sport agonistico italiano.

Al C.O.N.I. va restituita la competenza sulla Scuola dello sport, poiché essa prepara allo sport agonistico; così come la gestione del Centro Onesti di Roma e degli impianti del Foro Italico

b) La competenza della società “Sport e Salute”.

Causa della voluta mutazione della “Coni servizi”, dalla originaria vocazione di società ancillare del C.O.N.I., deve essere individuata nella carente attenzione data, sin dalla entrata in vigore della nostra Carta costituzionale, allo sport nella sua dimensione educativo-terapeutica e culturale.

Al fine di porre rimedio a tale scarsa attenzione la “Sport e Salute” dovrà, evidentemente, assumere il compito di dar vita al fenomeno sportivo di massa, che nulla ha a che vedere con l’agonismo, anche se deve contribuire a preparare la base di esso.

Per realizzare tale ambizioso scopo sarà necessario dar vita ad una coppia di forze, idonee ad essere il manubrio di guida dello sport italiano, elementi che, però, godendo di pari dignità, debbono seguire percorsi paralleli, ma autonomi, una sorta di parallele operanti e convergenti sul mondo dello sport, per riprendere una suggestione dello statista Aldo Moro.

Ciò dovrà far riflettere su temi complessi, quali il personale, che non potrà essere in comune tra le due strutture, e sulla stessa loro collocazione fisica: sarebbe opportuno individuare per la “Sport e Salute” una sede diversa dalla attuale, al fine di evitare confusioni ed aiutare la distinzione tra i due organismi.

La Sport e Salute dovrà coltivare, nel settore sportivo, tutto ciò che, per anni, è rimasto privo di attenzione. Per prima cosa andranno create intese costruttive ed innovative con la scuola, in ossequio al dettato dell’articolo 2 della legge n. 86 del 2019, già operativo. Il coinvolgimento della scuola necessita del ruolo guida di chi alla educazione, che dallo sport deve derivare, è chiamato a dedicare la sua attenzione ed il suo operato. Del resto lo sport, con le sue regole ed il necessario rispetto di esse dei suoi giudici di gara e degli avversari, costituisce parte integrante  del sistema educativo.

Inoltre, va enfatizzato il tema (troppo a lungo disatteso) della prevenzione e della terapia, al quale, nel settore sportivo, deve essere dato l’impegno della società di capitali, rinnovata nel suo genoma.

Se così non fosse la trasformazione, da braccio operativo ed ancillare del C.O.N.I., ad elemento trainante nel settore sportivo, finalizzato all’educazione ed alla terapia, non avrebbe senso e si sarebbe dato vita ad un ulteriore, inutile, carrozzone, solo d’impaccio al settore.

Molto utile potrà essere il coordinamento che la “Sport e Salute”, potrà realizzare con il variegato mondo dello sport non agonistico, come le palestre e le scuole di diffusione dello sport, che non hanno alcuna valenza agonistica, ma ampio rilevo sociale.

Nella costruzione e ristrutturazione degli impianti sportivi dovrà essere dato un ruolo trainante alla Sport e Salute, in coordinamento anche con l’Istituto di credito sportivo, che dovrà acquisire modalità di intervento molto più dinamiche (con meno burocrazia) e propositive di quelle da esso attualmente utilizzate.

La realizzazione di nuovi impianti, soprattutto nelle periferie più disagiate del Paese, è alla base della missione educativa dello sport, e conseguentemente del target della società di capitali.

Non bisogna dimenticare, al riguardo, il grido di dolore della carenza di impianti, lanciato da Pietro Mennea il giorno del suo record mondiale sui 200 metri: “Io, ragazzo del sud senza piste, ho scalato la vetta della velocità”.

Per far questo, analogamente al C.O.N.I., anche la Sport e Salute dovrà dotarsi di uffici decentrati nelle regioni; organismi in grado di seguire e risolvere i problemi sul territorio, attuando la sussidiarietà nell’ambito di questa nuova filiera.

Anche i fondi, trasmessi per questa differente missione operativa, dovranno pervenire direttamente dall’Esecutivo ed essere separati da quelli destinati al C.O.N.I., per le finalità agonistiche di vertice e di base.

Nella individuazione delle risorse, da destinarsi a “Sport e Salute”, sarà necessario verificare se, parte di esse, saranno reperibili tra quelle dell’Unione Europea, promesse dal fondo MES (senza condizionamenti ed a lunga scadenza), destinate alla sanità, poichè, sia l’attività di prevenzione, che quella terapeutica, rientrano, a pieno titolo, nell’ambito più ampio della sanità.

A tal fine, sarà necessario dar vita a un virtuoso rapporto con il terzo settore, attraverso un coordinamento sul quale costruire la nuova struttura educativo-terapeutica e culturale del settore.

3. Gli altri protagonisti.

Tracciato lo scenario, relativo al ruolo degli attori principali dello Sport 2.0, è ora necessario occuparci degli altri protagonisti del tema, iniziando dalle federazioni sportive.

c. Le federazioni sportive.

Rispetto ad esse è, per prima cosa, necessario ribadire la loro natura, che come ha, da tempo, chiarito il decreto legislativo n. 242 del 1999, non può che essere quella individuata dall’articolo 15, comma 2, nel quale si legge: “le federazioni sportive nazionali e le discipline sportive associate hanno natura di associazione con personalità giuridica di diritto privato. Esse non perseguono fini di lucro e sono soggette, per quanto non espressamente previsto dal presente decreto, alla disciplina del codice civile e delle relative disposizioni di attuazione”.

Tale natura, malgrado le fibrillazioni della giurisprudenza amministrativa e contabile, è stata finalmente chiarita, alla luce della pronuncia della Corte di Giustizia dell’undici settembre 2019, cause c-612/17 e c-613/17, nonchè della conseguente decisione delle Sezioni riunite della Corte dei Conti n. 10, del 30 aprile 2020, è ormai chiaro che ci si trova in presenza di soggetti di diritto privato e tale status non può essere revocato in dubbio.

Alla luce delle sopra richiamate decisioni è ora possibile affermare che le federazioni sportive, pur inserite nell’alveo art. 23 Statuto del C.O.N.I., si muovono in piena autonomia gestionale ed (in parte) economica,  in quanto il “condizionamento” che esse ricevono dal Comitato Olimpico è legato soltanto al rispetto di una serie di principi che, la Corte dei Conti, ha ricordato al punto 6.2 della sua decisione.

Riaffermata, dunque, la natura ed il ruolo delle federazioni sportive, occorre ora calare il loro essere nella nuova diarchica realtà dello sport italiano, quella agonistica gestita dal C.O.N.I. e quella educativo-terapeutico, che dovrà essere sovraintesa dalla società “Sport e Salute”p.A., integralmente posseduta dal Ministero delle Finanze.

Anche all’interno delle federazioni sportive e delle altre discipline associate dovrà, sia pure in misura più ridotta, replicarsi la dicotomia, sopra delineata, tra gestione dell’agonismo e costruzione della nuova vocazione di prevenzione, di terapia e di educazione (intesa, quest’ultima, nel suo significato etimologico di crescita dell’individuo).

Dunque, anche le federazioni sportive, come le discipline associate, dovranno dar vita ad una doppia propulsione di un motore che si rapporti, di volta in volta, con il Comitato Olimpico, per lo sport agonistico e con la Sport e Salute, per la finalità non agonistica dello sport.

Entrambe dovranno, in questa seconda proiezione, costruire, con il terzo settore rapporti intensi idonei a tale nuova finalità che lo sport, tornato al centro dell’attenzione dell’Esecutivo, dovrà perseguire, la quale, per troppo tempo, non è stata né considerata, né promossa.

d) L’Università dello sport.

In tale ricerca delle opportunità di crescita dello sport, sia agonistica, che educativo-teraputica, non deve essere trascurato il ruolo della Università monotematica dello sport “Foro Italico”, di cui il nostro Paese si è dotato potenziando, in particolare, l’offerta formativa medico, economica e giuridica, che si somma alle eccellenze già, da tempo (1928), in essere nel campo delle discipline dell’educazione fisica.

All’Università di Roma 4 deve essere assegnata la consulenza su tutte le attività sportive ed un ruolo di mediazione tra le due forze che si dividono la gestione dello Sport italiano. Inoltre, ad essa andrebbe attribuita la supervisione sulle attività della Scuola dello Sport e sul laboratorio di medicina sportiva, entrambi siti in Roma, presso il Centro Onesti ed entrambi funzionali ai due diversi vettori sportivi, preposti ad agonismo e terapia.

4. La popolazione dello sport.

L’analisi non può prescindere da un esame, sia pur sommario, delle problematiche che coinvolgono la popolazione, che, a vario titolo, frequenta il mondo sportivo.

Né, ci si può esimere dal tentare di offrire alcune soluzioni alle diverse questioni sul tappeto.

            e. Il professionismo sportivo.

Per prima cosa va ricordata la necessaria riforma della, quasi quarantennale, legge che ha regolato il professionismo sportivo (L. n. 91 del 1981), ponendo attenzione alle varie e diverse figure che necessitano di inquadramento.

Occorre porsi il problema, della natura subordinata, o no, del rapporto di lavoro. La soluzione al quesito può individuarsi inquadrando il rapporto come “parasubordinato”, enfatizzando, ad un tempo, sia l’aspetto autonomo imprenditoriale del rapporto, che quello dipendente da una società sportiva. Inoltre, va regolato, in modo più chiaro e meno ipocrita, il discrimine tra professionisti e dilettanti, al fine di evitare ipotesi di aggiramento della normativa, come oggi accade, con i discutibili inquadramenti nei corpi militari, di taluni atleti.

C’è da augurarsi che la delega, contenuta nella legge n. 86 del 2019, possa, all’atto del suo compimento, dare soluzione a tutti questi temi.

Inoltre, va data risposta ad una serie di ulteriori quesiti, relativi alle molteplici figure che, a vario titolo, operano nel mondo dello sport quali, a titolo di esempio, i fisioterapisti, gli istruttori, i collaboratori tecnici, i magazzinieri, i custodi degli impianti sportivi. Inoltre, su un altro piano vanno regolati i rapporti professionali con i dirigenti, i segretari, i medici, i consulenti, di cui le società sportive si giovano. A tutti questi soggetti vanno date certezze economiche ed assicurative, qualsiasi sia la natura del loro rapporto.

            f. I giudici di gara – gli arbitri – i cronometristi.

Anche la filiera, sempre più nutrita, dei soggetti preposti al controllo ed alla regolarità delle gare, necessita di un inquadramento che possa assegnare ad essa certezze, anche sotto il profilo contributivo e previdenziale. Ci si trova in presenza di figure indispensabili alla celebrazione delle competizioni sportive, il cui ruolo non può essere marginalizzato.

            g. Gli agenti sportivi.

Malgrado i recenti regolamenti, del CONI del 26 febbraio 2019 e della FIGC del  19 aprile e del 10 giugno 2019, che hanno dato un più rigoroso inquadramento alla materia, è, comunque, necessario dettare un approfondito sistema di norme destinate ad un settore al quale è giusto chiedere competenza sia professionale, che deontologica. Al riguardo, vanno anche valutate le già acquisite cognizioni dei legali su una materia, prevalentemente contrattuale, per le quali andrebbero previste deroghe ed abilitazioni specifiche.

            h. I tifosi.

Anche i tifosi devono avere un ruolo, ben più rilevante di quello loro assegnato dall’articolo 4 della legge n. 86 del 2019. Invero, l’estensione, al mondo dello sport, delle pratiche virtuose, previste dal decreto legislativo 231 del 2001, può, in concreto, essere realizzata solo con il fattivo coinvolgimento dei tifosi e con la capacità di trasformare il tifo becero del “contro”, nell’incitamento maturo e costruttivo del sostegno “a favore”.

Dovranno, pertanto, essere individuate normative idonee a produrre la crescita dei tifosi, che debbono essere considerati quali consumatori dello spettacolo sportivo, di cui, sono parte integrante, ad essi non possono essere sottratte le tutele offerte, dall’ordinamento giuridico statale, agli altri consumatori.

5. La giustizia sportiva.

Infine, una breve riflessione va fatta sulla Giustizia sportiva, la cui autonomia è minacciata da invasioni di campo, operante da norme estemporanee, nonchè da iniziative dei giudici statali non sempre in linea con l’autonomia promossa dalla legge n. 280 del 2003.

Al fine di recuperare la centralità della Giustizia sportiva è necessario restituire ai giudici, operanti presso il C.O.N.I. (il Collegio di garanzia dello sport), la loro originaria funzione di membri  dell’Organismo di conciliazione delle liti insorte nel mondo sportivo.

Invero, quando la legge n. 280 del 2003 aveva individuato, nei giudici sedenti presso il C.O.N.I., il terminale della Giustizia sportiva (art. 3), l’Organismo a cui quella normativa faceva riferimento era la Camera di conciliazione ed arbitrato, istituita dal C.O.N.I., nel 2001, ma ancora in quel momento poco sviluppata.

L’intento originario del legislatore statale, era quello non di creare un terzo giudice esofederale, come è poi avvenuto, bensì di enfatizzare le attività di mediazione che l’Organismo del Comitato Olimpico poteva operare. Si trattava, dunque, di un filtro di accesso alla giustizia statale, al fine di lasciare che fosse il mondo dello sport a tentare di risolvere, attraverso la possibile conciliazione, le liti insorte al suo interno.

Tale funzione, se ben compresa e promossa, avrebbe contribuito a diffondere serenità in un settore che deve fare della lealtà e della concordia il suo motore trainante.

Il tentativo del 2003 non è stato, però, compreso e le trasformazioni, subite nel tempo, dai giudici sportivi sedenti presso il CONI, ne hanno poi reso impossibile la realizzazione. Tuttavia, è ancora necessaria l’implementazione di detta funzione conciliativa, non solo per le questioni destinate a sfociare davanti ai giudici statali, ma anche per quelle tecniche e disciplinari, su cui vige una “riserva giurisdizionale dei giudici sportivi” (art. 2 della legge n. 280/2003).

E’ auspicabile che il CONI recuperi tale funzione, istituendo un Organismo di mediazione, filtro per  l’azione da porsi innanzi al giudice statale, analogamente a quanto previsto nell’articolo 5 del decreto legislativo n. 28 del 2010, al quale, quanti sono tenuti al rispetto del vincolo della giustizia sportiva, previsto dal decreto legislativo n. 242/1999, prima di proporre l’azione innanzi al giudice statale, dovranno necessariamente sottostare.

6. Conclusione.

La nuova filiera dello sport, per essere realmente efficiente, dovrà, come i moderni elettrodomestici, puntare su tre A, in grado di rivoluzionare il sistema e l’organizzazione sportiva: attenzione, autorevolezza, armonia.

1) Attenzione al proprio settore di competenza, senza sconfinamenti, ma con le individuazioni di possibili concordate sinergie.

2) Autorevolezza, assunta, in base ad una competenza e capacità organizzativa, relativa alla diversa sfera d’influenza, supportata, quando necessario, dalla ricerca scientifica e dall’approfondimento normativo. Requisiti questi che, solo la sinergia con una struttura universitaria dedicata, può dare.

3) Armonia, necessaria alla crescita del settore, l’armonia che non è sempre stata alimentata a causa dei personalismi e delle affermazioni autoreferenzialità, va ripristinata a favore del bene comune che deve (e dovrà) guidare il settore. La necessaria armonia potrà essere recuperata anche attraverso la creazione di un Organismo di conciliazione del C.O.N.I., che tenga nel mondo dello sport il maggior numero possibile di questioni in esso insorte, lasciando come residuale l’azione innanzi ai giudici statali.


 PIERO SANDULLI
[ professore avvocato ]