Scegliere il candidato adatto a pronunciare la risposta al discorso presidenziale non è mai facile. Dopo lo sfavillante spettacolo delle Camere riunite, gli applausi, i volti sorridenti di tutti i vip politici e gli ospiti illustri, il candidato dell’opposizione che deve rispondere al discorso sullo stato dell’Unione rischia sempre di apparire modesto, ordinario, addirittura patetico. Ma ieri sera il partito democratico ha potuto vantare una eccezionale varietà di voci confluite a dare molteplici risposte, con una diversità di approcci, tono e estrazione sociale ed etnica, che ha riassunto bene il carattere di “tenda” che il partito si vanta di rappresentare.
JOSEPH KENNEDY III
Il portabandiera ufficiale del partito democratico porta un nome che echeggia ancora forte in tutto il Paese. Come contraltare alle parole di Trump, i democratici hanno schierato il deputato democratico del Massachusetts che porta il cognome dei Kennedy, un ragazzone con folti capelli rossi, occhi grigi, e una mascella che ricorda quella di Superman. Il 37enne Joe Kennedy è al terzo mandato alla Camera, è considerato una delle stelle nascenti nel partito, e ha tenuto testa al presidente con un forte messaggio populista ma anche con una promessa di difesa delle istituzioni.
Nipote del senatore Robert Kennedy, ucciso 50 anni fa, nel giugno del 1968, Joe Kennedy III ha presentato un piano economico-sociale che rispecchia la tradizione democratica nata proprio con la lotta contro la povertà e per l’eguaglianza inaugurata dal prozio John Kennedy, il presidente ucciso nel 1963. Ha promesso che il suo partito combatterà per salari migliori, per salvare le pensioni, per migliorare l’istruzione per tutti, per un’assistenza sanitaria che sia “misericordiosa”, e per un’economia solida, ma anche «abbastanza coraggiosa da ammettere che non è giusto che i top manager guadagnino 300 volte quel che guadagna un impiegato medio».
Kennedy ha criticato con parole appassionate e ispirate la presidenza “divisiva” di Trump, che «mette gli uni contro gli altri», «la costa contro le campagne», «i giovani contro i vecchi». Ha scelto come sede per presentare il piano democratico di risposta a Trump la cittadina industriale di Fall River, di antiche tradizioni manufatturiere. E ha parlato da una scuola, un istituto industriale, a sottolineare il legame con la base operaia, che il partito democratico nelle ultime presidenziali sembrava aver dimenticato (o almeno sembrava averlo dimenticato Hillary Clinton). «I prepotenti possono dare cazzotti – ha concluso, chiaramente parlando a Trump –. E possono lasciare lividi. Ma mai, nella storia degli Stati Uniti, sono riusciti a superare la forza e lo spirito di un popolo unito nel difendere il proprio futuro».
ELZABETH GUZMAN
Come tradizione vuole, c’è stata anche una risposta in lingua spagnola, pronunciata dalla deputata della legislatura della Virginia, Elizabeth Guzman, che ha lamentato come Trump abbia «spinto avanti un progetto oscuro ed estremo che danneggia i valori nazionali e la sicurezza del Paese». Guzman ha attaccato con forza la politica “razzista” del presidente, sostenendo che Trump «insulta chiunque non sia bianco come lui».
BERNIE SANDERS
“Nonno” Bernie Sanders ha fatto un intervento in streaming dalla sua pagina facebook, in cui ha denunciato come Trump «abbia promesso di difendere gli interessi dei lavoratori, ma poi li ha venduti a Wall Street e alla classe dei miliardari». Sanders ha analizzato i dati economici per sconfessare la teoria che Trump stia aiutando l’economia meglio del suo predecessore: numeri alla mano ha dimostrato che il numero di posti di lavoro che Trump aveva appena vantato di aver creato è inferiore a quelli procurati durante la precedente Amministrazione.
MAXINE WATERS
La decana delle deputate di colore, 79 anni, da 27 anni eletta a rappresentare la California, è stata finora una delle oppositrici più decise di Trump, tant’è che non è neanche andata ad ascoltarlo. Invece è stata ospite nel canale televisivo Black Entertainment Tv, dal quale ha offerto la sua risposta, e la proposta di lavorare a rafforzare «la rappresentanza politica afroamericana».